Una vita insieme

Doctor Who

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    Una vita insieme



    Personaggi: Decimo Dottore umano, Rose Tyler, Jackie Tyler, Pete Tyler, Tony Tyler,Jack Simmonds (accenni)
    Rating: PG
    Genere: Romantica
    Avvertimenti: Per quei pochi che ancora non hanno visto la quarta stagione, ci sono spoiler sul finale di Journey's End (4X13). La storia parte proprio da quell’episodio.
    Capitoli: 16
    Note: Sono della convinzione, che in fondo Rose, alla fine possa essere felice con il Dottore umano, ma prima credo che entrambi devono superare dei piccoli ostacoli. La storia ho finito di pubblicarla da poco su EPF, ma prima di postarla qui volevo aspettare che Rai 4 trasmettesse tutta la quarta stagione.Commentate pure.
    Disclaimer: Doctor Who e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (purtroppo), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un divertimento.

    Prologo

    Guardava il Tardis scomparire davanti ai suoi occhi, e con esso una parte di se andava via per sempre, non l’avrebbe più rivisto lo sapeva.
    Sentì una mano stringere la sua, si voltò e lo vide accanto a se, il Dottore, ma non il suo Dottore. Solo in quel momento si rese conto di quello che era successo, lei aveva scelto di rimanere con lui, una parte di lei ne era felice, ma vedere il Tardis scomparire le ricordò che lui non era veramente il suo Dottore, ma sapeva che con il tempo lo avrebbe accettato. Nel suo cuore sentì farsi largo una paura, la paura che lui un giorno se ne fosse andato via, per sempre. Era sempre stato abituato a viaggiare, vedere mondi e posti a lei sconosciuti, mentre ora si trovava intrappolato qui con lei. E in lei crebbe la paura, se lei non sarebbe stata abbastanza per lui, non avrebbe potuto sopportarlo. Abbassò lo sguardo e guardò di nuovo dove poco prima c’era il Tardis, questo per loro era l’inizio di una nuova vita.

    Seduto sulla spiaggia, aspettava, guardava il mare davanti a se e pensava. Rose era con Jackie poco distante, stavano cercando di contattare Pete, per mandare qualcuno a prenderle.
    Sapeva che lei avrebbe avuto bisogno di tempo per pensare, per accettarlo per non vederlo più come il clone del Dottore. Ma non era questo che lo spaventava, l’avrebbe aspettata per tutto il tempo necessario, anche se ci fosse voluta una vita. Quello che lo spaventava era quello che lo attendeva, adesso non avrebbe più viaggiato, era lì fermo, legato ad un pianeta, ad una casa. Aveva paura di non esserne in grado, di non riuscirlo a sopportarlo.
    Chiuse gli occhi assaporando l’odore del mare davanti a se, cercando di calmare i corsi dei suoi pensieri e di concentrarsi sul quel momento.
    Per sua fortuna, a distrarlo arrivò Rose, che si mise seduta accanto a se. La guardò e le sorrise, sapeva che anche lei era piena di dubbi e spaventata da ciò che sarebbe successo, lo vedeva riflesso nei suoi occhi.
    “Come ti senti?” le sentì chiedere con dolcezza. Ripensava quante volte, in passato, aveva desiderato poterle dare proprio quello, una vita normale, poter dividere la sua vita con lei, vederla invecchiare, crescere una famiglia insieme.
    “Sto bene.” Le rispose riuscendo a dare un freno ai suoi pensieri. La vide volgere lo sguardo al mare.
    “Papà ha detto che ha mandato qualcuno, dovrebbero arrivare tra poco.” Spiegò.
    “Bene.” Le rispose semplicemente.
    “Con mamma abbiamo pensato, che puoi venire a stare da noi… se ti va.” Disse e vide che era arrossita, imbarazzata come quella volta sotto quel buco nero, quando immaginava di vivere con lui.
    “La casa è grande e ci sono molte stanze che non utilizziamo mai.” Continuò a spiegare, sempre più imbarazzata.
    “Ecco…finché vuoi…puoi…insomma…” cercò di parlare chiaramente senza riuscirci.
    “Penso che sia un idea brillante.” Le disse interrompendola con il sorriso sul volto. Gli era mancato molto quella sensazione di calore e completezza che provava ogni volta in sua presenza. Non aveva mai conosciuto nessuno che l’aveva fatto sentire così.
    “Bene, allora siamo d’accordo.” Continuò lei, sorridendogli.
    “D’accordo.” Concluse lui porgendogli la mano. La vide tentennare, ma poi la strinse nella sua.
    Rimasero in silenzio fino a quando un dirigibile della Vitex si fermò qualche metro da loro. Si avvicinarono a Jackie.
    “Bel tipo tuo padre, manchiamo da casa da chissà quanto e non viene neanche a prenderci lui.” Si lamentò Jackie, quando vide scendere un giovane ragazzo.
    “Tua madre è sempre la stessa.” Sussurrò il Dottore all’orecchio di Rose a cui scappò una risatina, Jackie se ne accorse.
    “Cos’hai da ridere?” le chiese.
    “Niente mamma, vedrai che papà sarà stato impegnato.” Rispose Rose dando una gomitata all’uomo accanto a se. Il ragazzo nel frattempo li aveva raggiunti.
    “Salve signora Tyler, il signor Pete si scusa di non essere venuto lui personalmente.” Iniziò a giustificarsi il giovane, ma Jackie lo fermò bruscamente.
    “Risparmiati le solite scuse Chris, sono stanca e affamata, me la vedrò poi personalmente con mio marito.” Disse la donna salendo sul dirigibile
    “Stavolta mi sentirà. Speriamo che almeno si sia occupato di Tony.” Continuò a borbottare la donna. Rose guardò divertita il Dottore
    “Non vorrei essere nei panni del povero Pete.” Le disse sorridendo. I due si avvicinarono al ragazzo.
    “Piacere di rivederla Miss Tyler.” Salutò il giovane con un sorriso che al Dottore non piacque molto.
    “Quante volte devo dirti di chiamarmi solo Rose.” Si lamentò la ragazza, alzando gli occhi al cielo, ma con il sorriso sulle labbra, poi si voltò verso il Dottore un po’ imbarazzata.
    “Lui è Chris, l’assistente personale di papà.” Lo presentò educatamente.
    “Lei deve essere il Dottore, ho sentito parlare di lei spesso.” Disse il ragazzo entusiasta, stringendogli la mano, il Dottore guardò Rose che arrossì imbarazzata.
    “Piacere.” Gli sorrise ricambiandola stretta di mano.
    “Ohi, volete muovervi, voi tre.” Urlò Jackie da uno dei finestrini.
    “Sarà meglio muoverci.” Disse Chris facendo strada.
    “Assistente di tuo padre?” chiese il Dottore sarcastico, non riuscendo a nascondere la sua gelosia.
    “Sei geloso per caso?” chiese lei inarcando il sopraciglio.
    “Io non sono geloso.” Le rispose infastidito, mentre salivano sul dirigibile.
    “Non ancora.” Sussurrò quando la ragazza si allontanò e notando come il giovane guardava la sua Rose.
    I quattro si misero seduti, mentre il dirigibile era in aria, il Dottore guardò la spiaggia diventar più piccola e allontanarsi, il suo cuore accelerò ancora, i timori di prima tornarono a tormentarlo. Rose gli strinse la mano quasi leggendo la sua paura.

    Fine
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    SPOILER (click to view)
    Capitolo 1
    Un nuovo inizio

    Arrivarono alla residenza Tyler quando era notte fonda, durante il volo Jackie si era addormentata, mentre Rose era rimasta sveglia, i due non aveva più parlato, semplicemente si tenevano per mano.
    Scesi dall’auto, all’ingresso della villa ad accoglierli c’era solo Pete, il Dottore si guardò attorno ricordando l’ultima volta che era stato lì, in quella casa.
    “E’ bello potervi rivedere.” Li accolse Pete con un sorriso, ma Jackie era ancora furiosa con lui.
    “Potevi venire tu a prenderci invece di mandare Chris.” Gli rinfacciò avvicinandosi a lui pericolosamente.
    “Mi dispiace tesoro, ma avevo una riunione molto importante.” Si giustificò, sapendo bene che non bastava, ma l’uomo si rivolse a Rose.
    “Sono felice che sei ancora qui con noi.” Le disse abbracciandola. Per poi passare la sua attenzione al suo nuovo ospite.
    “Dottore.” Lo salutò un po’ scettico.
    “E’ un piacere rivederti, Pete.” Ricambiò il saluto con gentilezza, anche se un po’ forzata.
    “Dov’è Tony?” chiese Jackie guardandosi attorno.
    “Si è addormentato. Voleva aspettarvi, ma mezzora fa è crollato davanti all’ennesimo cartone.” Spiegò Pete.
    “Allora, chi mi spiega cosa è successo?” Chiese Pete, facendo strada dentro la casa, Rose e il Dottore si guardarono, entrambi sapevano che prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento,ma sembrava che nessuno di loro voleva farlo.
    “Credo sia meglio rimandare a domani. Così almeno ci riposiamo.” Intervenne Rose, con il sollievo del Dottore, che di certo non aveva voglia di spiegare cosa era successo.
    “Ti accompagno in camera.” Disse la ragazza indicandogli le scale.
    Arrivarono al corridoio che portava alle camere, in silenzio, non avevano più parlato da quando erano saliti sul dirigibile. Camminavano uno accanto all’altro senza parlare.
    “Tutto bene?” chiese lui.
    “Uhm…si…sono solo un po’ stanca.” Gli rispose, non molto sicura di se.
    “E da quando siamo saliti sul dirigibile che non parli.” Spiegò lui.
    “E…è successo tutto così in fretta. Devo solo elaborare.” Spiegò con sincerità. Si fermò davanti a una porta, quasi alla fine del corridoio.
    “Credo che vale anche per me.” Le rispose, toccandosi nervosamente il lobo dell’orecchio, sapendo anche che quel discorso riguardare anche il loro rapporto.
    “Eccoci arrivati.” Disse, cambiando discorso aprendo la porta a doppia anta, di legno scuro. La camera era abbastanza grande, al centro un letto a doppia piazza, sulla sinistra accanto ad una porta una scrivania e sulla destra un'altra porta, le finestre ricoperte con delle tende rosse, davano sul giardino che era dietro la casa, una camera molto anonima, evidentemente era quella usata per gli ospiti.
    “A sinistra c’è il bagno.” Disse indicandogli la porta.
    “Nell’armadio ci dovrebbe essere qualche vestito se vuoi cambiarti.” Spiegò ancora indicandogli la porta sulla destra, continuava a osservarlo. Il Dottore aveva le mani in tasca e guardava la stanza attorno a se, si sentiva un po’ impacciato, non sapeva cosa dirle, cosa fare, osservava tutto attorno a se, senza poter calmar il forte timore di non farcela.
    “Non è grande come quella che avevi sul Tardis, ma credo che possa andare.” Disse lei abbassando lo sguardo, pensando che a lui non piacesse la nuova sistemazione.
    “Va bene, grazie.” Le rispose dolcemente.
    “Se hai bisogno la mia camera è di fronte.” Disse, poi si rese conto dell’ambiguità.
    “Cioè…se, ecco… ti servisse qualcosa….o se vuoi anche…non so, parlare…puoi venire da me…se ti va.” Si corresse imbarazzata, tenendo lo sguardo basso.
    “Ne terrò conto.” Le rispose divertito da quella gaffe.
    “Bene, ti lascio riposare.” Continuò riprendendo il controllo di se.
    “Buonanotte.” Gli disse.
    “Buonanotte Rose.” Rispose, poi lei andò via, lasciandolo da solo. Si voltò a guadare ancora la stanza, per poi buttarsi sul letto sbuffando.

    Si rigirò nel letto, sperando di potersi addormentare, senza riuscirci, si voltò ancora una volta, guardò la sveglia che segnava le tre passate.
    La sua mente brulicava di idee, non riusciva a trovare pace, sapeva bene che per calmare quei dubbi e incertezze c’era solo un modo, palare con lui. Doveva ammettere, però che era molto difficile anche solo guardarlo, senza pensare al suo alterego, al vero Dottore e a tutto quello che ha perso. Si passò la mano sul viso sbuffando, si alzò sapendo bene che non sarebbe riuscita a riaddormentarsi, mise la sua vestaglia e uscì dalla camera. Si fermò un istante davanti a quella di lui, chiedendosi se anche lui era tormentato, se anche lui non riusciva a dormire, nonostante la sua nuova condizione. Scosse la testa e proseguì, non era la prima volta che passava la notte in bianco, dopo aver visto il Dottore alla spiaggia, aveva trovato molte difficoltà nell’addormentarsi, così aveva iniziato a lavorare al suo progetto speciale, un modo per tornare da lui.
    Quando scese le scale, tra il silenzio e il buio della casa, sentì qualcuno borbottare quasi disperato, sorrise nel capire subito di chi si trattava, a quanto pare anche lui aveva avuto la sua stessa idea.
    Arrivò in cucina e lo trovò seduto al tavolo, con il microonde completamente smontato nel tentativo di sistemarlo, sorrise divertita a quell’immagine.
    “Tutto bene?” chiese, facendolo saltare in aria per la sorpresa, farfuglio qualcosa di simile al suo nome, ma una torcia che teneva in bocca, lo rese incomprensibile.
    “Che stai facendo?” gli chiese avvicinandosi, mentre metteva giù la torcia.
    “Ecco…ho visto che non funzionava… stavo cercando di sistemarlo.” Le rispose un po’ imbarazzato.
    “Ti va del tè?” gli chiese cambiando discorso.
    “Volentieri.” Le rispose sorridendole.
    Rose mise il bollitore sopra, sentiva il suo sguardo curioso su di lei, si imbarazzò ricordandosi che aveva una semplice vestaglia e il suo pigiama.
    “Non riesci a dormire?” le chiese.
    “Neanche tu.” Gli rispose sorridendo, mettendosi seduta al tavolo, di fronte a lui. Entrambi evitavano di guardarsi dritti negli occhi.
    “Non sono ancora abituato.” Le rispose rimettendosi a sistemare il microonde.
    “Troppo silenzio?” disse lei, sapendo bene che gli mancava il ronzio del Tardis.
    “Già.” Le rispose imbarazzato. Silenziosamente, si fermò a guardarlo.
    In quel momento per la prima volta, si rese conto che si era comportata in modo egoista, lui aveva bisogno del suo aiuto, del suo sostegno. Le cose per lui era più difficili, era sempre stato abituato a viaggiare, aveva visto tante cose, conosciuto tante persone, e adesso si trovava intrappolato in questo mondo parallelo in un corpo umano. Stava per parlare, quando il bollitore l’avvertì che l’acqua era pronta. Si alzò, prese due tazze e le bustine per il the. Mentre versava l’acqua nella tazza, lui si alzò e si avvicinò prendendo la sua tazza.
    “Oh! Non hai idea di quanto mi sia mancato il tuo te.” Disse annusando la bevanda calda.
    “Non ho più incontrato nessuno, in tutto l’Universo che fa del the così buono.” Le disse, rimettendosi seduto al tavolo, mentre lei prendeva dei biscotti dalla dispensa.
    “Aspetta, assaggia questi.” Disse mettendo i biscotti al centro tavola, mentre si metteva seduta. Il Dottore ne prese uno e lo assaggiò, sorrise subito quando si rese conto cos’era.
    “Dolcetti alla banana.” Disse con entusiasmo.
    “Li adoro.” Continuò prendendone altri, Rose lo guardava divertita, le era mancato così tanto questi loro momenti. Quando, dopo l’ennesima avventura si mettevano davanti ad una tazza di the caldo, a parlare per ore e ore a consolarsi a vicenda quando ne avevano bisogno.
    “Tutto bene?” le chiese interrompendo il corso dei suoi pensieri.
    “Si, stavo solo pensando.” Gli rispose scuotendo la testa.
    “Tu, come ti senti invece?” gli chiese senza alzare lo sguardo.
    “Oh…beh… è tutto un po’ strano.” Le rispose continuando a mangiare.
    “Ho parlato con mio padre.” Iniziò a dire lei.
    “Su cosa?” chiese non capendo.
    “Su te. Cioè, adesso che sei umano e che starai qui, dovrai avere un nome e altre cose del genere.” Spiegò Rose seriamente.
    “Un nome? Io c’è l’ho un nome.” Si lamentò.
    “Dottore, non è un vero e proprio nome e lo sai bene.” Lo richiamò lei dolcemente.
    Si sorrisero e ripresero a sorseggiare il loro the, rimasero un po’ in silenzio gustandosi la tranquillità del momento e il loro the, senza mai alzare lo sguardo.
    “Mi dispiace.” Gli disse, quasi in un sussurrò.
    “Per cosa?” scattò sorpreso, lei continuò a guardare la tazza.
    “Sei bloccato qui, senza Tardis, senza la possibilità di andartene, con un corpo umano.” Continuò senza alzare mai lo sguardo.
    “Si, ma bloccato qui con te non è poi così male.” Gli disse sorridendo, ricordando il momento in cui fu lei a dirlo. Arrossì ricordando quella volta, su quel pianeta.
    “Lo pensi davvero?” gli chiese per avere una conferma.
    “Si.” Rispose semplicemente, sorridendole.
    “Se vuoi, potrei venire con te, domani.” Gli propose timidamente, cambiando discorso.
    “Ecco..pensavo che potrei aiutarti…si diciamo ad abituarti al fatto che adesso sei umano.” Continuò lei, imbarazzata.
    “Lo faresti davvero?” chiese lui invece.
    “Ne sarei felice.” Lo tranquillizzò.
    “Sempre se non vuoi che sia mia madre ad aiutarti.” Scherzò lei.
    “Ti prego no!” la pregò. Risero insieme e continuarono a bere il loro the e parlare di tutto e niente, fino a quando entrambi non decisero di tornare nelle loro camere.
    “Tra poco dovremmo alzarci.” Si lamentò Rose, mentre attraversavano il corridoio.
    “Mi dispiace, non volevo tenerti sveglia tutta la notte.” Si scusò lui, fermandosi davanti alle loro camere.
    “Tranquillo, tanto non avrei dormito comunque.” Lo tranquillizzò.
    “Allora ci vediamo tra un paio di ore.” Lo salutò lei.
    “Certo, a dopo.” Ricambiò lui sorridendole dolcemente.

    Il Dottore era sdraiato su quello che era il suo nuovo letto, non era riuscito a dormire, nonostante sentiva la stanchezza.
    Si concentrò sulle nuove sensazioni che quel corpo gli trasmetteva. Il battito del suo unico cuore, la circolazione del sangue più lenta, e poi un implosione di sensazioni, ogni volta che si trovava accanto a Rose.
    Ripensò alla chiacchierata che aveva avuto con lei, lo aveva riportato indietro nel tempo, quando erano insieme nel Tardis.
    Per tutto il tempo che era stato senza Rose, aveva sentito la mancanza delle loro chiacchierate con patitine e the, aveva sentito la mancanza di lei che gironzolava nel Tardis, sempre alla ricerca di qualcosa da fare o che gli trotterellava dietro, ansiosa di una nuova avventura. Certo, gli piaceva la compagnia di Martha e Donna, ma nessuna delle due, era riuscito a colmare il vuoto lasciatogli dalla sua preziosa Rose.
    Si fermò un attimo a riflettere su suoi ricordi. Poteva davvero definirli suoi? Era strano perché ricordava perfettamente ogni sensazione e ogni particolare del suo passato, ma in realtà sapeva bene che non era lui, ma erano i ricordi del suo alterego. Sbuffò, stringendo il ponte nasale con l’indice e il pollice, strizzando gli occhi, stufo di tutti quei dubbi.
    Sentì dei rumori fuori dalla sua camera, che lo distrassero dai suoi pensieri, qualcuno si era alzato, erano passate circa due ore e mezza da quando lui e Rose si erano salutati, questo significava che era ora di alzarsi. Scese dal letto e si rimise le sue converse, uscì dalla camera e per casualità Rose stava uscendo dalla sua.
    “Buongiorno.” La salutò sorridendo, la ragazza si voltò sorpresa.
    “Ciao, pensavo stessi ancora dormendo.” Gli rispose. Il Dottore la guardò con attenzione, il sole le faceva brillare i capelli sciolti sulle spalle.
    “Non avevo molto sonno.” Le rispose quasi ipnotizzato dalla luce dei suoi occhi.
    “Vedo che non ti sei cambiato.” Le fece notare iniziando a camminare, si guardò, soddisfatto, perchè indossava ancora il completo blu.
    “E’ l’unico che ho.” Le rispose raggiungendola.
    “Questo significa che ci toccherà fare un po’ di shopping.” Gli disse, il Dottore roteò gli occhi al cielo.
    “Devo proprio?” si lamentò.
    “Se ti va, possiamo andare oggi pomeriggio.” Gli propose timidamente, lui la guardò scorgendo un po’ di rossore sulle guance.
    “Non devi lavorare?” le chiese grattandosi la nuca.
    “Tranquillo, mi sono guadagnata un paio di giorni liberi.” Gli spiegò.
    “Allora, che ne dici?” chiese ancora.
    “Volentieri. Almeno non rischio di passare tutto il pomeriggio con tua madre.” Le rispose.
    “Ohi, vedi di abituarti a lei.” Gli disse sorridendo, mentre entrarono in sala da pranzo dove Jackie, Pete e Tony stavano già facendo colazione.
    “Oh eccoli finalmente.” Li salutò Jackie, Rose andò subito a salutare il fratellino, che sembrava la copia del padre.
    “Dormito bene?” chiese invece Pete, il Dottore non sapeva come rispondere.
    “Oh…beh…devo ancora abituarmi.” Disse sedendosi al tavolo, Rose si mise accanto.
    “Eravate in cucina per caso, stanotte?” chiese Jackie sospettosa.
    “Perché?” chiese Rose.
    “Ho trovato due tazze di the, e il microonde mezzo smontato.” Si lamentò la donna, guardando in direzione del Dottore.
    “Volevo sistemarlo.” Si giustificò l’uomo.
    “Adesso lo possiamo buttare.” Disse la donna quasi disperata.
    “Ohi, avrei potuto benissimo sistemarlo, se avevo il mio cacciavite sonico.” Rispose lui un po’ acido, Rose si schiarì la voce, facendogli capire che era stato un po’ scortese.
    “Le vecchie abitudini non muoiono, vero?” continuò la donna.
    “Ehi, datevi una calmate entrambi.” Li richiamò Rose, il padre invece li guardava sorpreso.
    “Cercate di andare d’accordo, intesi?” continuò a rimproverare Rose, guardando i due.
    “Bene, adesso facciamo colazione.” Continuò la ragazza.
    “Rose, stasera tocca a te raccontare la storia a Tony.” Le disse Pete.
    “Ti prego non ricominciare con la storia degli Shliteen.” Aggiunse Jackie, il Dottore incuriosito alzò lo sguardo verso la ragazza.
    “Rose gli racconta sempre le vostre storie per farlo addormentare.” Spiegò Pete, la ragazza imbarazzata nascose il viso mentre beveva la sua tazza di the.
    “Ma davvero? Interessante.” Disse il Dottore, soddisfatto guardandola.
    “Stai zitto.” Lo rimproverò lei sorridendogli.

    Rose e il Dottore furono accompagnati dall’autista all’istituto Torchwood. La bionda era rimasta in silenzio per tutto il tempo, non sapeva se mostrargli o meno il canone dimensionale, avrebbe dovuto spiegargli un po’ di cose, e non sapeva come l’avrebbe presa. Inoltre così avrebbero dovuto affrontare il delicato argomento di quello successo ai Daleks, a Donna e sopratutto al suo alterego e alla decisione di lasciarli indietro. No, quella mattina avrebbero fatto semplicemente il giro dell’istituto e lui avrebbe fatto i dovuti esami medici.
    All’entrata ad aspettarli c’era Chris, ci mancava solo lui per complicare il giro, sperava solo che era lì per tutt’altro. Anche se, doveva ammettere, che si divertiva a vedere il Dottore preso dalla gelosia.
    “Ciao Chris.” Lo salutò educatamente sorridendogli.
    “Ciao Rose. Dottore benvenuto a Torchwood.” Ricambiò il saluto, vide il Dottore sorriderli forzatamente.
    “Sono già stato qui.” Gli disse un po’ rude, Rose gli diede una gomitata.
    “Mi dispiace.” Chiese scusa.
    “Vi ho portati questo.” Disse il ragazzo consegnando un tesserino al Dottore.
    “Dottore John Smith?” chiese leggendo.
    “Beh, Rose ci ha detto che è un nome che usava spesso, quindi provvisoriamente lo può usare anche qui.” Spiegò l ragazzo.
    “Andrà benissimo.” Intervenne Rose.
    “Pete mi ha chiesto di accompagnarvi nel giro.” Disse il ragazzo, Rose roteò gli occhi, ogni tanto si sentiva trattata come una ragazzina.
    “Possiamo cavarcela da soli.” Gli rispose, cominciando a camminare seguita dagli altri due che si studiavano attentamente.
    “Dove andiamo per prima cosa?” chiese il Dottore.
    “Per prima cosa, potremmo andare nella stanza del…” iniziò a parlare Chris, ma Rose lo fermò bruscamente.
    “Ascolta Chris, io e il Dottore sappiamo cavarcela anche da soli. Torna da mio padre e fatti dare un lavoro più adatto a te.” Disse tutto d’un fiato, non voleva essere brusca, ma in quel momento, non le andava di portare il Dottore nella sala del canone dimensionale. Il ragazzo chiese scusa e si allontanò.
    “Sei stata un po’ scortese, sicura di stare bene?” gli chiese il Dottore.
    “Si, sono solo un po’ nervosa.” Gli rispose sorridendo.
    “Più tardi mi farò perdonare da Chris.” Disse con provocazione, sapendo bene che il Dottore ne sarebbe stato geloso, infatti si allontanò borbottando qualcosa, gli corse subito dietro aggrappandosi al suo braccio con naturalezza.
    “Sai, se non ti conoscessi direi che sei geloso.” Lo provocò.
    “Non sono geloso. Non ne ho motivo, in fondo.” Le rispose evitando di guardarla.
    “Andiamo ti mostro questo posto.” Gli disse facendogli una linguaccia, conducendolo nella direzione giusta, visto che lui aveva preso l’altra strada.

    Gli mostrò molte cose dell’Istituto, il posto dove venivano catalogati tutti gli oggetti o pezzi di astronavi ritrovati in giro per il mondo. Le armi venivano portate in un altro reparto, deve veniva catalogate e sigillate, pronte ad essere usate nelle gravi crisi, come quella appena risolta. Il reparto che si occupava di tenere d’occhio tutte le attività aliene sulla terra, intervenire quando diventavano ostili.
    Arrivarono al piano desiderato, tra i corridoi un via vai di persone, che guardavano curiosi verso Rose, il Dottore non capiva il motivo di quei sguardi, inizialmente aveva pensato che fosse per la sua presenza, ma poi notò , che in realtà guardavano proprio lei.
    “Eccoci arrivati.” Disse la ragazza fermandosi davanti ad una porta bianca, fece passare il suo tesserino sullo scanner elettronico accanto alla porta.
    Aperte le porte, il Dottore poté notare, davanti a loro una decina di persone tra scienziati e impiegati, gironzolavano tra le varie scrivanie.
    “Questo è il tuo ufficio?” chiese incredulo, lei gli sorrise.
    “No, il mio ufficio è in fondo. Questo è il reparto che dirigo.” Spiego seguendo lo sguardo del Dottore.
    “Seguimi.” Lo invitò, continuando a camminare, accanto all’ultima porta c’era un altra scrivania da cui spuntò una ragazzo, molto famigliare per il Dottore, infatti si trattava di Ianto Jones, o per lo meno, la versione di questo universo.
    “Salve Miss Tyler, è un piacere rivederla.” La salutò avvicinandosi.
    “Ciao Ianto. Ti presento il mio amico il Dottore…John Smith.” Lo presentò.
    “Salve, ho sentito parlare di lei.” Disse il ragazzo stringendogli la mano, il Dottore gli sorrise con educazione.
    “Bene, noi siamo nel mio ufficio, chiamami solo se si tratta di un emergenza, intesi?” specificò la ragazza.
    “Certo. Le porto il solito pranzo?” chiese educatamente.
    “Oh…giusto il pranzo.” Si ricordò che era ora di pranzo, e che loro non si erano fermati un attimo.
    “Immagino che anche tu abbia fame.” Disse rivolgendosi a lui.
    “Oh…be…ecco…” non sapeva cosa risponderle, in genere non sentiva mai la fame, quindi non sapeva come capirlo. Per sua fortuna, però Rose si rese conto della sua difficoltà.
    “D’accordo Ianto, ordina per due.” Disse rivolgendosi al suo assistente, che si allontanò. Rose si voltò ancora verso di lui.
    “Tranquillo affronteremo anche questo.” Gli disse sorridendo.
    “Bene. Non mi fai vedere il tuo ufficio?” le chiese notando che la ragazza non accennava un passo verso le porte.
    “Si, ma prima devo avvertiti.” Disse imbarazzata.
    “Di cosa?” chiese confuso.
    “Ecco…ho passato diverso tempo qui…. E diciamo non è il posto più ordinato di questo mondo.” Disse abbassando lo sguardo, sorrise divertito.
    “Oh avanti, Rose ho visto a tua camera sul Tardis. Questo non può essere peggio.” Disse avvicinandosi alle porte ed entrando.
    “Ok..è anche peggio!” esclamò guardandosi intorno. La stanza era invasa da strani oggetti, documenti e libri. Sul divanetto notò una coperta disfatta e un cuscino, segno che la ragazza aveva passato lì molte notti. Sul muro notò qualcosa di particolare, che non si aspettava, Rose rimase dietro di lui. Si avvicinò alla cornice, sorridendo orgoglioso di quello che vedeva.
    “Ti sei diplomata?” le chiese sorpreso.
    “Beh.. per lavorare qui, dovevo avere una certa qualifica.” Gli rispose imbarazzata.
    “Ti sei diplomata… con il massimo dei voti anche.” Disse continuando a leggere.
    “Lascia perdere quel pezzo di carta.” Gli rispose mettendosi seduta sul divanetto.
    “Lasciare perdere? Rose è una cosa meravigliosa.” Disse mettendosi accanto a lei sul divano.
    “Beh, mi serviva il diploma per entrare all’Università.” Disse timidamente, il Dottore la guardò di nuovo sorpreso.
    “Sei iscritta all’università?” chiese.
    “Beh, si… fisica quantistica…” disse abbassando lo sguardo. Il Dottore, la guardava con molto orgoglio, Rose Tyler, la stessa ragazzina che lavorava come commessa di un negozio, adesso dirigeva un intero reparto di Torchwood, ed era diventata una brillante studentessa.
    “Rose Tyler, sei davvero brillante.” Le disse con molto orgoglio. Si voltò verso di lei renedendosi conto di quanto erano vicini, deglutì lentamente.
    “Sono… sono davvero felice per te.” quasi in un sussurrò.
    “Grazie.” Disse imbarazzata.
    Era così bella, e così pericolosamente vicina a lui in quel momento. L’avrebbe potuta baciare in quel momento, del resto erano da soli, inoltre non riusciva a togliersi dalla mente, quel bacio, il bacio che lei gli aveva dato sulla spiaggia, tutte le sensazione che aveva provato a stringerla a se, il brivido che aveva sentito nel capire che la stava baciando, tutte le sensazioni che provava ogni volta era accanto a lei o che semplicemente la guardava. Per la prima volta da quando erano in quel mondo, incontrò il suo sguardo, c’era paura e confusione, ma il suo unico cuore gli stava chiedendo di farlo, di toccare di nuovo quelle labbra, gli sembrava di impazzire. Si avvicinò ulteriormente a lei. Purtroppo vennero interrotti quando Ianto bussò alla porta.
    “Il nostro pranzo.” Disse lei con poco fiato.
    “Giusto, il nostro pranzo.” Ripete lui, senza realmente rendersi conto. Rose si allontanò per andare ad aprire, spezzando così il loro momento.

    Fine
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    2°Capitolo

    I giorni e le settimane passarono sempre più lentamente, soprattutto per il Dottore. Aveva preso a lavorare con Rose al Torchwood, sotto il nome di John Smith, massimo esperto di reliquie aliene, ma il fatto di trovarsi tutti i giorni nello stesso posto a fare sempre le stesse cose, stavano incidendo anche sul suo entusiasmo, era più nervoso e suscettibile. Rose faceva di tutto per non fargli pesare questa situazione, passavano insieme la maggior parte del tempo, ma tutto era rimasto sul vago, non avevano ancora affrontato nessun argomento.
    Tamburellava nervosamente le dita sulla scrivania, mentre attendeva che il computer terminava la scansione ad un oggetto di dubbia provenienza. Si mise seduto sbuffando, per la lentezza del processo, nonostante le apparecchiature dell’istituto erano più avanzate che in altri posti, per lui andavano comunque lenti.
    Si tolse gli occhiali, e si strofinò gli occhi, non riuscì a non pensare a Rose, al fatto che poteva sempre contare sulla sua pazienza e sul suo supporto, questo rendeva le cose più semplici. I suoi pensieri furono interrotti quando venne raggiunto da Pete.
    “Ti disturbo?” chiese avvicinandosi.
    “No, tranquillo, ho molto tempo.” Disse frustrato, guardando verso lo schermo del computer.
    “Qualcosa non va?” gli chiese ancora.
    “Questi computer sono terribilmente lenti.” Si lamentò.
    “Strano, mi hanno garantito che sono di ultima generazione.” Rifletté Pete, guardando il lavoro in corso del Dottore.
    “Lascia perdere, comunque posso fare qualcosa per te?” chiese concentrandosi su di lui.
    “Non proprio, stavo cercando Rose, sai per caso dov’è?” chiese.
    “Deve essere nel suo ufficio privato, so che aveva qualcosa da studiare per un esame.” Rispose scettico, aveva la sensazione che Pete si trovava lì per un altro motivo.
    “Giusto, dimenticavo.” Rispose pensieroso facendo aumentare i sospetti del Dottore.
    “Pete, tutto bene?” chiese studiandolo attentamente.
    “Si, niente di cui devi preoccuparti.” Gli rispose avviandosi di nuovo verso l’uscita.
    “Sembra che devi parlarmi di qualcosa.” Continuò ad osservarlo. L’uomo si fermò prima di uscire, voltandosi di nuovo verso il Dottore.
    “Io detesto dovermi intromettere in queste cose, ma Jackie ha pensato che sarebbe stato un bene per tutti se avremmo parlato un po’.” Spiegò e il Dottore annuì capendo subito di cosa si trattava, infondo se lo doveva aspettare da Jackie.
    “Di cosa dovremmo parlare?” chiese fingendo di non capire. Pete si mise seduto su uno gabellino davanti a lui.
    “Sai quando Jackie è arrivata qui, non è stato subito facile per entrambi. Tu lo sai meglio di me, quanto lei ha sofferto per la morte dell’altro Pete…” iniziò a parlare, ma il Dottore lo bloccò.
    “Perché non vieni al punto, tralasciando i particolari che già conosco.” Disse annoiato, se ci sarebbe stata Rose lo avrebbe richiamato, ripensò con dolcezza.
    “Ecco, a Rose venne in mente un idea per metterci entrambi al nostro agio.” Continuò a raccontare.
    “Ci ha organizzato un appuntamento, ricreando perfettamente il nostro primo appuntamento.” Raccontò con un moto di orgoglio, il Dottore sorrise riconoscendo la sua Rose, testarda e generosa.
    “Aveva proprio ricreato ogni cosa, il piccolo ristorante, il film che ci eravamo visti, i fiori che le regalai, ogni particolare.” Raccontò perdendosi nei ricordi.
    “Non per rovinare l’atmosfera, ma questo cosa a che fare con me?” chiese ancora il Dottore, Pete si destò dai suoi pensieri e tornò a concentrarsi.
    “Si, scusa. Ecco noi abbiamo pensato…. Cioè Jackie ha pensato, che per voi due sarebbe stato lo stesso.” Spiegò, ma il Dottore lo guardò dubbioso, ecco adesso non sapeva dove quei due volevano arrivare.
    “Scusa credo di non capire.” Disse con calma.
    “Si, insomma potesti chiederle un appuntamento.. un modo per entrambi di passare del tempo insieme, da soli, lontani dal lavoro e da tutto.” Spiegò meglio l’uomo.
    “Un appuntamento?” chiese scettico. Si aspettava che Jackie lo spingesse a parare con Rose, o qualcosa del genere, ma non che lo spingesse a questo. Un appuntamento? Lui?
    “Si, insomma avrete avuto una prima uscita o qualcosa del genere, no?” chiese Pete guardandolo, il Dottore si trovò a dover riflettere anche su questa cosa. Poteva considerare il loro primo viaggio, come una sorta di primo appuntamento? No, decisamente non era il caso.
    “Non credo che sia una buona idea.” Rispose il Dottore.
    “Queste genere di cose io non le faccio… sono troppo… come dire…” iniziò a parlare, ma Pete sorrise, annuendo.
    “Troppo umane? Credo che dovresti abituarti all’idea che fai parte del genere umano, caro Dottore.” continuò divertito, mentre si alzava.
    “Non credo che abbiamo bisogno di una cosa come questa. Possiamo anche vedercela noi.” Gli rispose sforzandosi di non essere scortese.
    “Lo so, ma abbiamo semplicemente pensato che con un appuntamento verrebbe tutto più semplice.” Continuò Pete, il Dottore rimase fermo a riflettere.
    La loro discussione venne interrotta dall’arrivo di Rose.
    “Ah sei qui.” Disse avvicinandosi, mentre lui si alzò dalla poltrona.
    “Ciao papà, come mai qui?” chiese sorpresa.
    “Stavo solo dando un occhiata al lavoro del Dottore.” Mentì.
    “Ok.” Gli rispose scettica guardando i due.
    “Come mai qui, non stavi studiando?” chiese il Dottore, mentre si grattava la nuca nervosamente
    “Te lo posso rubare per un po’.” Disse al padre, avvicinandosi al Dottore.
    “Certo, tanto adesso devo tornare in ufficio. Dottore.” Salutò e andò via, Rose continuò a guardarlo sospettosa.
    “Che strano.” Sussurrò.
    “posso fare per te?” chiese distrendola dal motivo per cui il padre era lì.
    “Si, giusto. Ho bisogno di una pausa, che ne dici se andiamo pranzare fuori di qui.” Disse aggrappandosi al suo braccio, mettendo il broncio, il Dottore la guardò divertito, si voltò verso lo schermo del computer che ancora lavorava.
    “Perché no, tanto questo computer finirà di lavorare solo tra unmilione di anni.” Si lamentò avviandosi fuori dall’ufficio. Con la scusa avrebbero potuto parlare, e magari informarla di questa strana idea del primo appuntamento.

    Rose decise di prendere la loro tradizionale porzione di patatine e portarlo in un bellissimo parco, dove anche lei in passato amava andare a pranzare, certo ogni volta che il tempo glielo permetteva.
    Era sicura che anche al Dottore sarebbe piaciuto, in più quella giornata sembrava perfetta, non c’era troppo freddo, nonostante era novembre, e c’era il sole, avrebbero potuto godere a pieno di quella giornata, inoltre voleva scoprire come mai suo padre era nel suo ufficio, quando si solito, per sapere qualcosa in più sui vari lavori mandava Chris o li chiamava nel suo ufficio.
    Si misero seduti ad un tavolo, vicino ad un piccolo parco giochi, per una buona parte del tempo, parlarono di stupidaggine, scherzavano sugli strani oggetti che trovavano in giro per il mondo, scherzavano sul fatto che Tony assomigliava sempre di più a Rose, cosa che preoccupava non poco Jackie, inoltre la presenza del Dottore non aiutava.
    “Allora vuoi dirmi che ci faceva mio padre nel tuo ufficio?” chiese improvvisamente mettendolo in difficoltà.
    “Niente, te l’ho detto, stava solo controllando il mio lavoro.” Rispose in modo poco convincente.
    “Sei un pessimo bugiardo, lo sai?” scherzò lei facendogli una linguaccia.
    “Sto dicendo la verità.” Si difese fingendosi offeso, fregandogli una patatina.
    “Su avanti, perché non vuoi dirmelo.” Cercò di convincerlo sbattendo e ciglia, utilizzando il suo efficace sguardo da cerbiatta che spesso riusciva farlo desistere.
    “Davvero non importa, abbiamo solo parlato di lavoro.” Insistette il Dottore, concentrandosi sulle patatine. Rose sbuffò e morse un'altra patatina.
    “Prima o poi riuscirò a estorcerti la verità.” Disse la ragazza, il Dottore le sorrise continuando a mangiare.
    “Stasera ci tocca fare da baby-sitter a Tony, spero non ti dispiaccia.” Aggiunse la ragazza.
    “Come mai?” chiese lui, non dandogli molto importanza.
    “Pete e Jackie devono andare a qualche tipo di cena. Sai quelle genere di cose che odi tanto, tutta pompa magna e cose del genere.” Spiegò la ragazza.
    “Perché tu non ci vai?” chiese il Dottore, incuriosito.
    “Perché anche io le odio.” Rispose come se fosse la cosa più logica.
    “Comunque, spero che non ti dia fastidio rimanere a casa a tenere d’occhio un bambino.” Disse la ragazza.
    “Certo che no, tranquilla. Sempre meglio che andare a quelle serate, giusto?” chiese sorridendole.
    “Giusto.” Concordò ricambiando il sorriso.
    “Così riuscirò a estorcerti quello che vi siete detti con mio padre.” Lo minacciò con ironia, il Dottore scosse la testa.
    “Non ci riuscirai mai, Tyler.” L’avvertì, addentando un'altra patatina.

    Rose chiuse la luce in camera del fratello, per poi andare via. Si diede una controllata allo specchio che c’era nel corridoio, questa era la prima volta che lei e il Dottore rimanevano da soli in quella casa, sperava che almeno quella sera sarebbero riuscii a parlare con calma chiarirsi una buona volta.
    Scese al piano di sotto e lo trovò mentre curiosava nella biblioteca, capitava che spesso dopo una pesante giornata a lavoro, lui cercava conforto in un buon libro, sorrise perché in fondo questo era tipico del suo Dottore.
    “Trovato niente di interessante?”gli chiese avvicinandosi, si voltò a guardarla e le sorrise.
    “Stavo cercando un libro, ma forse non c’è!” disse un po’ deluso, mentre guardava i libri nel mobile davanti a lui.
    “Credo di averlo io.” Rispose un po’ imbarazzata, il Dottore la guardò incuriosito.
    “Non sai nemmeno il titolo.” Affermò.
    “Certo, come se non sapessi che cercavi The time Machine.” Gli rispose, vide il suo sguardo sorpreso.
    “E come mai lo hai preso tu?” le chiese avvicinandosi.
    “Beh lo hai letto almeno una ventina di volte da quando ti conosco, ero solamente curiosa di sapere perché ti piace tanto quella storia.” Rispose.
    “Quante volte lo hai letto?” le chiese.
    “Io... solo... tre... cinque... Ok...l’ho letto una quindicina di volte.” Confessò, lui sorrise divertito e anche al quanto soddisfatto.
    “Tony?” chiese cambiando discorso.
    “Dorme. Diventa sempre più difficile farlo addormentare.” Gli rispose.
    “Se vuoi potrei provarci io qualche volta.” Le propose, lei lo guardò scettica.
    “Non fare così, sono molto bravo con i bambini.” Le rispose fingendosi offeso.
    “Credo, che hai avuto poca esperienza con un Tyler, sappiamo essere molto testardi a quell’età, non lo sai?” scherzo lei.
    “Non solo a quell’età.” Disse, affondando le mani nelle tasche guardandola dalla testa ai piedi.
    “Faccio finta di non aver sentito.” Gli rispose, fingendosi offesa.
    “Allora stasera che si fa?” gli chiese poi, per loro sarebbe stata una buona occasione per parlare, ma voleva anche che fosse una cosa naturale, per entrambi, non gli andava di forzarlo a fare una cosa che non voleva.
    “Non lo so, in genere tu che fai in queste serate? Organizzi festini o roba del genere.” Scherzò lui.
    “In genere mi deprimo davanti a qualche film.” Gli rispose. Colse un ottima occasione per testare di nuovo la sua gelosia. Era da qualche giorno che non lo stuzzicava, ci pensava la presenza di Chris a farlo borbottare da solo.
    “Anche se la maggior parte delle volte, Chris mi è venuto a fare compagnia.” Disse uscendo mentre sogghignava, mentre sentiva il Dottore borbottare qualcosa sulla onnipresenza di Chris.
    Rose andò nella sala multimediale, che Mickey le aveva creato per il suo compleanno accanto alla biblioteca, mise un dvd nel lettore e si accomodò sul divanetto, il Dottore arrivò poco dopo, ancora accigliato per la battuta di prima.
    “Allora, mi fai compagnia Dottore?” lo invitò indicandogli il posto vuoto accanto a lei.
    “Sicura che a qualcuno non dispiace.” La schernì, mentre si metteva comodo.
    “Su avanti, non fare il geloso.” Scherzò lei, il Dottore roteò gli occhi al cielo.
    “Io non sono geloso!” disse appoggiando la schiena allo schienale, appoggiano i piedi sul tavolino davanti a lui.
    “Oh si che lo sei invece.” Scherzò lei, punzecchiandolo sul braccio.
    “Che film guardiamo?” chiese, cambiando discorso.
    “Ritorno al futuro.” Rispose, sapendo che lui ne sarebbe stato contento.
    “Oh.. adoro quel film. Ottima scelta Rose.” Disse sorridendo come un ragazzino.
    “Lo ricordo bene, mi hai fatto vedere tutti i tre film, uno dopo l’altro, in una sola serata.” Si lamentò premendo play, iniziando a guardarsi il film.

    Erano lì, tutti e due su un divanetto a guardare per l’ennesima volta un film, non era inusuale, ance quando erano nel Tardis avevano preso questa abitudine, le rare volte che a Rose non andava di gironzolare per i vari pianeti, lo costringeva a questo rituale, anche se alla fine ci si era pure affezionato, diventando un ottima occasione per passare del tempo insieme.
    La guardò con la coda dell’occhio sembrava concentrata sul film, avrebbe voluto abbracciarla, sentiva un forte impulso di stringerla a sé. Sarebbe sembrata normale, no? Loro due da soli in quella gran casa, seduti così vicini, un normale umano avrebbe cercato di abbracciarla, peccato che lui era una vera frana in queste cose e non sapeva mai come comportarsi.
    Tornò a concentrarsi sul film, maledicendosi per la sua inettitudine, ma anche stavolta Rose lo sorpresa, appoggiò la testa contro la sua spalla, si irrigidì non sapendo cosa fare.
    “Non ti dà fastidio vero?” chiese lei con la voce tremante, facendogli capire che anche per lei era una situazione nuova.
    “No, affatto.” Le rispose sorridendo e rilassandosi, le circondò le spalle con il braccio, mettendosi più comodo che poteva.
    A metà film, senza neanche rendersene conto, si ritrovò la testa di Rose appoggiate al suo petto, e i suoi capelli che gli sfioravano il viso. Il suo profumo di fragola e vaniglia, inebriava i suoi sensi e la voglia di baciarla aumentava sempre di più. Gli accarezzava capelli con dolcezza, sembra un gesto tanto naturale per quel corpo, per la sua mano. Si trovò a pensare se anche con Chris e Mickey era successo una cosa del genere “Ma certo, razza di idiota.” Si disse nella sua mente, Rose era una bella ragazza, con un cuore d’oro, solo uno stupido come lui, non aveva fatto una cosa del genere, inoltre si rendeva conto che lei avrebbe potuto andare avanti con la sua vita, sarebbe stato anche giusto. Ma ammetteva che pensarla accanto a qualcun altro che non era lui, faceva male, terribilmente male, tanto da fargli mancare il fiato.
    Improvvisamente, il telefonino di Rose iniziò a suonare spezzando la tranquillità di quella serata.
    “Scusa.” Disse la ragazza spostandosi dalla posizione, guardò il display e si fece seria.
    “E’ Chris.” Disse preoccupata, il Dottore non riuscì ad evitare di roteare gli occhi al cielo, possibile che quel tizio gironzolava sempre attorno a Rose.
    “Che succede?” rispose al telefono alzandosi, mentre il Dottore la seguiva con lo sguardo, forse stava succedendo qualcosa, forse si trattava di lavoro. Sperava si trattava di lavoro.
    “D’accordo stiamo arrivando.” Disse la ragazza chiudendo il telefono, si rivolse al Dottore.
    “Il dovere ci chiama, hanno bisogno di noi al Torchwood.” Disse la ragazza spegnendo il dvd.
    “Di che si tratta?” chiese alzandosi in piedi, finalmente un po’ di sana avventura, almeno lo sperava, gli mancava quel senso di avventura dei suoi viaggi.
    “Chris non è stato molto chiaro, per questo ha chiamato noi.” Spiegò Rose uscendo dalla stanza prendendo le sue cose, il Dottore la seguiva a ruota. La vide prendere di nuovo il cellulare e fare una chiamata alla madre per avvertirla, ma la donna rientrò in quel momento dalla porta d’ingresso.
    “Ah bene sei qui.” Disse Rose avvicinandosi, mentre si metteva la giacca.
    “Tuo padre è stato chiamato a lavoro, fuori c’è una macchina che vi aspetta.” Spiegò la donna.
    “Bene, Tony sta dormendo. Ci vediamo dopo.” Disse la ragazza dandole un bacio sulla guancia, per poi correre, insieme al Dottore verso la macchina.
    “Fate attenzione.” Gli urlò Jackie dalla porta d’ingresso.

    Arrivarono al Torchwood in poco tempo, corsero mano nella mano verso la sala delle emergenze, dove Pete, Chris e Jack li aspettavano.
    “Eccoci.” Disse Rose entrando.
    “Meno male che siete qui.” Disse Chris sorridendo a Rose.
    “Che sta succedendo?” chiese il Dottore mettendosi gli occhiali e guardando i monitor davanti a loro.
    “Qualcosa è caduto in un piccolo pesino lontano da Londra.” Spiegò brevemente Chris.
    “Sapete di cosa si tratta?” chiese Rose.
    “Non ancora, volevamo mandare una squadra sul posto.” Rispose ancora Chris, osservando il Dottore fare avanti e indietro trai monitor e le carte.
    “Naturalmente voglio che tu, il Dottore e Jack vi rechiate sul posto per verificare tutta la situazione.” Ordinò Pete.
    “Perché non siamo stati avvertiti?” disse improvvisamente il Dottore, indicando le carte che aveva in mano, Rose si avvicinò.
    “Che succede?” chiese la ragazza.
    “Due mesi fa, c’è stato un avvistamento, un oggetto non identificato ha sorvolato la zona, e poi è scomparso improvvisamente, da allora una o due volte la settimana durante la notte, qualcuno ha avvistato qualcosa di strano.” Spiegò il Dottore, la ragazza si voltò a guardare Chris.
    “Beh… ecco non eravamo sicuri di quello che succede.” Spiegò un po’ imbarazzato.
    “Avete dovuto avvertirci lo stesso.” Lo richiamò Rose.
    “Avanti Rose, quante volte siamo stati chiamati per avvistamenti che poi non si sono rivelati tali.” Intervenne Jack.
    “Non importa dovevamo saperlo.” Continuò la ragazza.
    “Se volete scoprire cosa succede vi conviene muovervi.” Aggiunse Pete, tagliando la discussione.
    “Il dirigibile è già pronto, sta aspettando solo voi.” Spiegò Chris.
    “Allora muoviamoci.” Disse il Dottore uscendo dalla stanza seguito da Rose e gli altri.

    Fine
    II Capitolo

     
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    Una vita insieme

    Capitolo III



    I tre arrivarono a destinazione quasi all’alba, la polizia locale aveva delimitato la zona, mentre l’UNIT aveva nascosto l’oggetto sotto una tenda militare. Attorno folla di curiosi e giornalisti cercavano di sapere qualcosa in più. Non appena i giornalisti si accorsero di loro li circondarono, tempestando Rose di domande, un militare li raggiunse.
    “E’ un piacere incontrarla nuovamente miss Tyler.” la salutò formalmente stringendola la mano.
    “E’ un piacere anche per me, colonnello Block. Cosa avete per noi.” Chiese la ragazza senza troppe pretese, il Dottore osservava attorno a sé infastidito.
    “Da questa parte.” Li invitò dentro la tenda.
    “C’e sempre tanta confusione?” Chiese il Dottore indispettito.
    “E’ difficile tenere nascosto una cosa del genere.” Rispose Jack una volta all’interno, dove al centro c’era una piccola navicella, una capsula.
    “Cosa sapete?” chiese il Dottore inforcando gli occhiali, il colonnello guardò Rose.
    “Oh giusto, colonnello lui è il Dottore.” Li presentò, immediatamente l’uomo fece il saluto militare.
    “Niente saluto.” Risposero insieme Rose e il Dottore.
    “Scusate, ma ho letto di voi molto, è un vero onore incontrarvi.” Continuò il militare.
    “Si, tutto molto interessante, ma cosa potete dirci di questo.” Rispose il Dottore scocciato di perdere tempo.
    “Lo scusi ma diventa irritabile quando non è ascoltato.” Intervenne Rose, rispondendo allo sguardo scettico dell’altro.
    “D’accordo. Allora i nostri satelliti non l’hanno visto arrivare, ci siamo accorti della sua presenza solamente una volta entrato nella nostra atmosfera.” Spiegò con calma, mentre il Dottore girava attorno all’oggetto.
    “Beh non mi sorprende.” Disse piegandosi sulle ginocchia, lo sfiorò con la mano.
    “Jack informa la squadra tecnica, voglio un esame completo di questo terreno.” Ordinò Rose, il ragazzo annuì e uscì dalla tenda, lei si avvicinò al Dottore.
    “Hai idea da dove venga?” chiese, piegandosi accanto a lui.
    “Non ancora Rose, non ancora. Beh, so per certo che si tratta di una capsula, e può contenere la qualsiasi cosa.” Spiegò senza staccare gli occhi dall’oggetto davanti a lui. Rose guardò con attenzione e sul lato basso notò qualcosa di strano.
    “Dottore, guarda lì!” gli indicò, il Dottore si protese fino a raggiungere l’indicazione di Rose.
    “Sembra un incisione.” Aggiunse Rose passandogli le dite.
    “Qualcosa che ci possa essere di aiuto?” chiese il colonnello osservando i due.
    “Potrebbe, ma non riesco a decifrarla.” Confessò preoccupato.
    “Questo non è affatto una buona notizia.” Disse Rose ricordando l’ultima volta che era successo.
    “Abbiamo allestito una base in un piccolo albergo qualche chilometro di distanza.” Informò i due, mentre si alzavano.
    “Bene, faremo trasportare la capsula all’albergo, così potremmo analizzarla meglio.” Informò Rose.
    “Vorrei occuparmi io della navicella, se per te va bene.” Disse il Dottore togliendosi gli occhiali.
    “E’ naturale che avrei dato a te questo lavoro.” Disse lei come se fosse la cosa più logica, lui le sorrise quasi soddisfatto.
    “Possiamo andare? Una gip vi attende sul retro della tenda.” Li informò il Colonnello.

    Rose chiuse l’ennesimo fascicolo su quegli strani avvistamenti che in quei mesi aveva interessato la zona. Si strofinò gli occhi, sentiva la stanchezza farsi largo, ormai era mattina inoltrata e lei non aveva dormito neanche un po’, ma non sarebbe riuscita a riposare sapendo che c’era qualche cosa che non andava.
    Il Dottore era nello scantinato di quel piccolo albergo, stava analizzando la capsula ormai da ore, ma non era riuscito a capirne l’origine, sicuramente in quel momento si dannava per non avere né Tardis né cacciavite sonico.
    Il posto dove si trovarono non era sfarzoso o altro, era semplice, si trattava di una vecchia casa dell’ottocento restaurata, con un delizioso piccolo giardino e un laghetto nel retro della casa, sembrava quasi un dipinto.
    Un odore di caffè la distrasse dai suoi pensieri, una giovane donna dai capelli castani le appoggiò una tazza di caffè caldo davanti agli occhi. La ragazza li aveva accolsi all’arrivo in albergo, si chiamava Kate e si era subito dimostrata molto disponibile e paziente nonostante l’UNIT le aveva chiuso l’albergo e invaso ogni stanza, chiudendolo al pubblico.
    “Ho pensato che ti serviva qualcosa per tenerti sveglia.” Le disse sorridendo.
    “Grazie.” Ringraziò Rose, prendendo la tazza e assaporando quella bevanda calda, la giovane si mise seduta accanto a lei, posando anche un cestino di biscotti sul tavolo.
    “Prendine uno, sono stati appena sfornati” La invitò porgendogli, Rose timidamente accettò, assaporandone uno.
    “Davvero buoni, li fai tu?” chiese.
    “No, la proprietaria dell’albergo.” Le rispose sempre sorridendo.ù
    “Mi dispiace per tutto questo.” Si scusò Rose, indicando il caos che c’era attorno a loro.
    “Tranquilla, è un piacere poter dare una mano.” Le rispose.
    “Da quanto lavori qui?” chiese Rose curiosa.
    “Da tre anni circa, ma sono quasi sette anni che vivo qui.” Spiegò la ragazza.
    “Vivi in albergo?” chiese sorpresa.
    “Si, i due proprietari mi hanno adottato.” Le rispose con calma abbassando lo sguardo.
    “Oh, e i tuoi genitori?” chiese ancora con garbo, la ragazza sorrise tristemente.
    “Sono morti.” Confessò con un velo di lacrime agli occhi.
    “Mi dispiace.” Le disse Rose appoggiandogli le mani sulle sue per confortarla.
    “Beh abbiamo qualcosa in comune.” Disse sorridendole, Rose inizialmente non capì, poi si rese conto che parlava della storia di copertura che Pete si era inventato per integrarla senza destare sospetti.
    “Anche tu hai perso i tuoi genitori.” Le disse ancora la ragazza, Rose abbassò lo sguardo a disagio.
    “Scusa, ma la tu storia era su tutti i giornali.” Continuò Kate, mortificata.
    “Non fa niente, sono abituata.” Disse Rose sorridendole.
    “Immagino che questo sia il prezzo da pagare, per essere stata adottata da uno come Pete Tyler.” Scherzò Rose.
    “Sarà il caso che ti lasci lavorare.” Disse cambiando discorso.
    “Vado a portare del caffè e qualcosa da mangiare anche al tuo amico.” Disse alzandosi.
    “Oh, non preoccuparti, preferisco andare io, ho bisogno di una pausa.” Disse invece Rose alzandosi.
    “D’accordo, allora mi occupo della squadra che c’è nel salotto.” Continuò la giovane, per poi andare via.

    Rose raggiunse il Dottore, nello scantinato, dove mentre scriveva su dei fogli di carta, si lamentava a voce alta per qualcosa.
    “Tutto bene?” chiese avvicinandosi con del caffè e biscotti, il Dottore la guardò e si tolse gli occhiali.
    “Oh, sei tu.” Disse passandosi la mano tra i capelli.
    “Ti ho portato del caffè e dei biscotti.” Gli offrì sorridendogli.
    “Oh Rose, sai che non prendo caffè. L’ultima volta che l’ho provato non ho dormito per due giorni, hai dimenticato.” Si lamentò contrariato.
    “E chi lo dimentica, mi hai costretto a farti compagnia per tutta la notte, ed eri diventato suscettibile per ogni cosa.” Si lamentò invece Rose, un po’ offesa per quella scontrosità.
    “Allora perché mi porti del caffè?” continuò a lamentarsi, Rose alzò gli occhi al cielo posando la tazza su un tavolo accanto a loro.
    “Ho pensato che visto che non abbiamo dormito ti avrebbe fatto piacere.” Disse, il Dottore si avvicinò a lei.
    “Scusami Rose, non volevo essere scortese.” Si scusò con dolcezza.
    “Questa iscrizione mi sta facendo impazzire.” Disse, mostrandogli i suoi tentativi di trascrizione e traduzione.
    “Ancora niente?” chiese Rose, prendendo il foglio che il Dottore aveva messo sul tavolo.
    “Niente di niente. Detesto non sapere cosa ho davanti.” Disse guardando la navicella davanti a loro.
    “Perdonato?” le chiese poi, voltandosi verso di lei mettendole il broncio, Rose non riuscì a non sorridere, si morse il labro inferiore sforzandosi di rimanere seria.
    “Era un sorriso?” chiese ironicamente avvicinandosi.
    “Uhm non lo so Dottore, sono ancora un po’offesa.” Disse scherzando.
    Ripensò alla serata precedente passata insieme, le era piaciuto molto e avrebbe tanto voluto, che non fosse mai stata interrotta dalla telefonata di Chris.
    “Sai Rose, volevo parlarti di una cosa.” Le disse un po’ timidamente, toccandosi il lobo dell’orecchio nervosamente.
    “Ti ascolto.” Disse amando quel gesto, ma prima che il Dottore riuscì a parlare dalle scale arrivò Jack, spezzando quell’attimo tra di loro.
    “Oh bene siete qui.” Disse avvicinandosi.
    “Avevi bisogno di qualcosa?” chiese il Dottore un po’ scocciato, anche lui sembrava infastidito di quell’interruzione.
    “Mi ha chiamato Pete, sta mandato il software di traduzione, insieme a Chris. Ho pensato che volevate saperlo.” Spiegò, Rose vide il Dottore alzare gli occhi al cielo e allontanarsi borbottando.
    “E per quale motivo Chris viene qui?” chiese Rose un po’ aggressiva.
    “Non lo so, non me l’ha detto.” Le rispose sulla difensiva.
    “Allora scoperto nulla?” chiese il ragazzo avvicinandosi alla capsula.
    “Ancora nulla.” Rispose il Dottore rimettendosi gli occhiali e concentrandosi nuovamente sulla scritta.
    “Tu sai niente?” chiese Rose al ragazzo.
    “Non molto, sto ancora aspettando i risultati delle analisi che hai ordinato. Cosa pensi di trovare?” chiese ancora.
    “Qualsiasi cosa che ci dia un indizio da dove arriva quest’affare.” Rispose Rose strofinandosi gli occhi dalla stanchezza. A loro si aggiunse anche il colonnello Bloch.
    “Miss Tyler potreste venire un attimo con me?” disse scendendo le scale, Rose guardò il Dottore, voleva rimanere per sapere cosa aveva da dirgli, ma purtroppo non poteva mettere il suo lavoro al secondo posto, gli sorrise tristemente e seguì il colonnello e Jack.

    Il Dottore stracciò il foglio che aveva davanti a sé buttandolo a terra, allungò il braccio verso il tavolo per prendere uno dei biscotti che Rose gli aveva portato, ma il piatto era vuoto, era rimasto solo il caffè. Ripensò a prima, perché ogni volta che cercava di parlare chiaramente con lei, doveva arrivare qualcuno a interromperli, le avrebbe parlato della possibilità di uscire insieme, più ci pensava più non gli sembrava poi un assurdità, forse quello era l’unico modo per parlarle senza altre interruzioni. I suoi pensieri si fermarono quando sentì dei passi, si voltò e vide Rose avvicinarsi, peccato che dietro a lei c’era anche Chris, non capiva il motivo per cui Pete aveva deciso di mandarlo lì, infondo quel tizio non aveva alcuna competenza in fatto di invasioni aliene.
    “Ti abbiamo portato un aiuto.” Disse Rose avvicinandosi.
    “Speriamo che serve davvero.” Le rispose senza nascondere il suo disappunto sulla presenza di Chris. Il ragazzo gli consegno una valigetta.
    “Sono sicuro che sarà più che utile, lo abbiamo aggiornato pochi mesi fa.” Spiegò mentre il Dottore apriva la valigetta, si rimise gli occhiali e iniziò a guadare con attenzione, aveva la forma di un palmare, solo un po’ più grande, con una tastiera, e in più da allegare aveva una specie di lettore laser, da passare sulla parte da tradurre, non era certamente il traduttore più moderno che aveva visto in vita sua, ma si sarebbe accontentato.
    “Sa come funziona?” chiese ancora il ragazzo.
    “Anche un bambino di cinque anni lo saprebbe usare.” Disse un po’ scorbuto, Rose si schiarì la voce richiamandolo per la sua scortesia, ma il Dottore la ignorò, non gli andava di chiedere scusa, forse poteva sembrare immaturo o altro, ma in quel momento la presenza di Chris e la mancanza di sonno lo infastidivano particolarmente.
    “Tranquillo Chris, il Dottore saprà come adoperarlo.” Intervenne Rose.
    Il Dottore collegò il lettore laser al minicomputer e si avvicinò all’ incisione, passandoci di sopra il lettore, Rose si avvicinò incuriosita.
    “Adesso che si fa?” chiese, mentre lui guardava lo schermo.
    “Adesso si aspetta. Dopo aver controllato tutti i simboli, setaccerà l’intera memoria.” Spiegò con calma.
    “E se riconoscerà la scritta avremmo la traduzione, giusto?” affermò Rose, sorprendendolo. Aveva dimenticato che Rose era cambiata, aveva sempre voglia di imparare nuove nozioni, ma del resto anche lei sapeva un bel po’ di cose, infondo era stata capace di tornare da lui, quando lui le aveva detto che era impossibile, anche se ancora non le aveva spiegato proprio tutto.
    “Ottimo Tyler.” Le disse sorridendole, la ragazza arrossì ma ricambiò il sorriso.
    Chris si schiarì la gola ricordando ai due che non erano soli.
    “Dimmi Chris, come mai Pete ti ha mandato?” chiese il Dottore, tornando a guardare lo schermo del traduttore.
    “Ha pensato che avreste avuto bisogno di una mano.” Rispose il ragazzo, come se fosse logico.
    “Interessante.” Disse il Dottore con tono sarcastico, Rose gli diede una leggera gomitata al fianco.
    “Stai diventando davvero antipatico.” Gli sussurrò. Per loro fortuna arrivò Kate con del cibo e dell’acqua su un vassoio.
    “Ho pensato che avreste bisogno di una pausa.” Disse la ragazza entrando, Rose le diede una mano con il vassoio.
    “Lascia fare a me.” propose Rose prendendole il vassoio, per metterlo sul tavolino.
    “Spero che i sandwich siano di vostro gradimento, non sapevo bene cosa prepararvi.” Spiegò la ragazza gentilmente.
    “Oh davvero molto gentile.” Le sorrise il Dottore addentando un sandwich.
    “Chris ti presento Kate. Lavora e vive in questo hotel.” Presento Rose con gentilezza, mentre anche lei addentava un panino. I due si salutarono educatamente.
    “Lui è Chris, l’assistente di mio padre.” Spiegò ancora Rose. Ma l’attenzione di Kate sembrava essere stata catturata dalla navicella.
    “Quindi questa è…” chiese avvicinandosi lentamente, il suo sguardo completamente assorto, al Dottore sembro davvero strano.
    “Tecnicamente è una capsula.” Specificò osservando la ragazza con attenzione.
    “Quindi dentro c’è qualcosa?” chiese Chris preoccupato, mentre Kate continuava a fissare la navicella.
    “Molto probabilmente.” Rispose il Dottore, un bip del computer attirò a sua attenzione.
    “Abbiamo a traduzione?” chiese Rose avvicinandosi. Kate nel mentre si avvicinò alla capsula senza rendersene conto e la toccò, improvvisamente una luce avvolse la stanza.
    “Rose?” chiamò quando la luce svanì, per fortuna la ragazza era accanto a lui.
    “Sto bene?” Lo tranquillizzò.
    “Cosa è successo?” chiese Chris guardandosi attorno.
    “Dov’è Kate?” chiese invece Rose notando l’assenza della ragazza, la trovarono poco distante da dove si trovava, prima della luce, ed era svenuta.
    “Oh mio Dio.” Accorse Rose preoccupata, il Dottore le controllò il respiro e i battiti.
    “Cosa l’è successo?” chiese Rose preoccupata.
    “E’ svenuta, è solo svenuta.” Le rispose il Dottore pensieroso.
    “Ha toccato la navicella.” Disse Chris, i due lo guardarono.
    “Cosa?” chiese Rose preoccupata.
    “Ha toccato la navicella prima del fascio di luce.” Spiegò ancora, il Dottore fu colto da un illuminazione.
    “La traduzione!” urlò raggiungendo il mini computer, ma non vi trovò nulla.
    “Cosa dice?” chiese Rose mentre teneva ancora la mano di Kate.
    “E’ andata.” Disse lentamente, sorpreso.
    “Cosa vuol dire andata?” chiese ancora Rose.
    “E’ stata cancellata.” Disse mostrando lo schermo vuoto.
    “Pensiamo a Kate, per adesso.” Disse il ragazzo avvicinandosi a Rose e Kate.
    “Portala di sopra, arrivo subito.” Gli disse Rose, il ragazzo annuì e prese in braccio Kate conducendola di sopra, Rose si avvicinò al Dottore che stava cercando di recuperare il lavoro.
    “Niente?” chiese preoccupata.
    “E come se qualcuno non vuole che traduciamo quella scritta.” Rifletté il Dottore.
    “Dall’interno della navicella o da fuori?” gli chiese preoccupata.
    “Non lo so, ma non escluderei che sia controllata da qualcun altro.” le rispose il Dottore senza smettere di guardare la capsula.
    “Cosa facciamo adesso?” chiese ancora Rose.
    “Analizziamo di nuovo l’incisone.” Le rispose il Dottore.
    “Posso aiutarti in qualche modo?” chiese la ragazza, lui la guardò notando la sua stanchezza.
    “Potresti andare a riposare un po’.” Le propose con dolcezza, ma lei scosse la tesa, passandosi le mani sul viso.
    “Sto bene, devo solo tenermi occupata.” Gli rispose sforzando un sorriso per tranquillizzarlo.
    “Rose.” La richiamò dolcemente, ma lei lo fermò subito.
    “Tranquillo sto bene. Vado a vedere come sta Kate.” Insistette lei, sapeva quanto era testarda e che non sarebbe riuscito a convincerla.
    “Ti mando Chris, così ti aiuta.” Continuò, poi gli fece un altro sorriso.
    “Preferisco lavorare da solo.” Disse contrariato.
    “Invece lavorerai con Chris, che ti piaccia o no.” Lo richiamò con dolcezza, facendo spuntare la lingua tra i denti, per poi andare via.

    Fine
    III Capitolo




     
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