Girls

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    Girls è una serie televisiva statunitense in onda sul canale via cavo HBO dal 15 aprile 2012.

    La serie è creata, interpretata e prodotta da Lena Dunham. Tra i produttori esecutivi figura Judd Apatow. La HBO ha rinnovato la serie, di cui sarà prodotta una seconda stagione composta da 10 episodi.

    I diritti per la messa in onda in chiaro sono stati ottenuti da MTV, che trasmetterà in Italia la prima stagione dal 10 ottobre 2012.

    La serie segue le vicende di quattro amiche, poco più che ventenni, che stanno cercando di costruirsi una vita dopo essersi trasferite a New York City.

    Hannah Horvath, interpretata da Lena Dunham
    Jessa Johansson, interpretata da Jemima Kirke
    Marnie Michaels, interpretata da Allison Williams
    Shoshanna Shapiro, interpretata da Zosia Mamet
    Adam Sackler, interpretato da Adam Driver


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    Vivere il sogno. Uno sbaglio alla volta

    Diventata in una manciata di episodi la comedy che tutti i migliori autori della tv americana vorrebbero scrivere; la serie che ha consacrato Lena Dunham come attrice, sceneggiatrice e regista dopo i vagiti di Tiny Furniture; e un ritratto grezzo delle nuove generazioni visto attraverso gli occhi di un gruppo di figlie di papà; Girls è più semplicemente, come la sua ideatrice l’ha definita, l’anello di congiunzione tra le ragazzine di Gossip Girl e le donne di Sex and the City. La nuova serie in onda in prima visione assoluta su Mtv dal 10 ottobre ogni mercoledì alle ore 23:10 accende i riflettori sulle ventenni, in modo particolare coloro le quali, nel periodo più determinate della vita, sperano con un po’ d’ingenuità di trovare ciò che le renderebbe complete in una New York City implacabile con chi non ha capito ancora cosa voglia dire essere adulti. Ispirandosi alle esperienze proprie e del suo ristretto gruppo di amiche (cognomi celebri del mondo dello spettacolo e dei media), Dunham fissa sullo schermo una diapositiva avveduta, oltremodo dissacrante e talvolta amara della nuova Beat Generation - giovani presi dall’angoscia per il futuro, dalle relazioni precarie, da una sessualità che ha dimenticato i suoi valori, e dal culto dell’immagine. Ragazze in conflitto con la propria autostima prima che con il mondo, i cui quattro spiccioli in tasca simboleggiano, più che la crisi economica, la morte definitiva del sogno americano.

    A trascinare gli sviluppi della serie è Hannah (Dunham), un’aspirante scrittrice poco più che ventenne. Bipolare, unica scrittrice a credersi geniale senza scrivere una pagina, e senza un lavoro dopo aver compromesso involontariamente il suo praticantato, per il quale non vedeva il becco di un quattrino, Hannah si ritrova precariamente emancipata quando i suoi genitori, nel tentativo di spronarla, decidono di tagliarle i fondi. Costretta a reinventare se stessa, e ancora troppo legata al conforto (di letto) dell’eccentrico amico Adam (Adam Sackler), un attore che guadagna di più facendo il falegname, Hannah si affida ai consigli e alla compagnia delle sue migliori amiche, le quali come lei stanno affrontando le montagne russe delle rispettive vite sentimentali e professionali. Responsabile più di quanto Hannah riuscirà mai ad essere, Marnie (Allison Williams), sua coinquilina e un tempo compagna di scuola, lavora come assistente in una galleria d’arte. Nonostante l’immagine seria e imperturbabile che dà di sé, Marnie non è meno problematica della sua migliore amica, soprattutto nelle questioni di cuore. La sua relazione con Charlie (Christopher Abbott), che frequenta dal college, è diventata noiosa e prevedibile, e a nulla sembrano servire i loro continui rimedi, inclusi quelli fintamente risolutivi.

    Hannah e Marnie condividono le loro lotte emotive con la britannica Jessa (Jemima Kirke), una sorta di “mangiauomini” la cui intollerabilità alle relazioni è paragonabile soltanto alla sua incapacità di mettere le radici in un luogo. Giramondo, anti-borghese e bohémien, Jessa è l’idolo di Shoshanna (Zosia Mamet), sua cugina e coinquilina, e probabilmente il membro del gruppo a intraprendere suo malgrado la strada più in discesa quando scopre nel pilota di essere incinta - una goccia nell’oceano della sua vita complicata. Palesemente più immatura di lei, Shoshanna, invece, sta cercando ancora di capire come perdere la verginità. Ingenua solo in certi aspetti, dal momento che spesso sorprende le altre rivelandosi la più saggia del gruppo, questa studentessa della New York University è ossessionata delle diete, da Sex and the City e dal sesso, e vede in New York quella splendida città mitizzata dall’industria dell’intrattenimento nei suoi film e telefilm.

    Ciò che accomuna Hannah, Marnie, Jessa e Shoshanna è ciò che, in un certo senso, ha diviso la critica nel suo approcciarsi alla creatura di Lena Dunham. Da una parte, nello schermo, assistiamo alle numerose umiliazioni e ai rari successi di quattro ragazze le quali ogni mattina si svegliano senza sapere cosa vogliono dagli uomini, dal mondo e da se stesse. Dall’altra, nel mondo reale, qualcuno si è domandato cosa potrebbero mai saperne delle difficoltà del vivere a New York con pochi dollari in tasca quattro donne, amiche anche nella realtà, cresciute nella bambagia come figlie di celebri musicisti, scrittori e giornalisti. Un mancato realismo, sempre secondo i detrattori, che va ricercato nell’assurdità di alcune scene piuttosto che nella sconcertante semplicità delle altre, dimenticando forse che ci troviamo di fronte non alla vita vera ma a un’opera che deve semplicemente intrattenere. E il pubblico di Girls è stato compatto nell’apprezzare il tentativo. Cresciuta negli ascolti episodio dopo episodio, al contrario di quanto avviene comunemente con la stragrande maggioranza degli show, Girls si è guadagnata senza alcuna fatica una seconda stagione e si è imposta all’ultima edizione degli Emmy Awards come una delle sei comedy qualitativamente migliori dell’ultimo anno. Merito soprattutto di una lanciatissima Dunham, la cui popolarità è cresciuta in maniera così esponenziale che ora la casa editrice Random House è disposta a foraggiare il suo prossimo colpo di genio, il romanzo Not That Kind of Girl: A Young Woman Tells You What She’s Learned, con un accordo a sette cifre.


    http://www.comingsoon.it/SerieTV/News_Arti...Page/?Key=17277
     
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    devo guardare la prima puntata, ma è una comedy?
     
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    sì, ma con un taglio realistico: non sentirai le solite risatine di sottofondo, ti fa fare delle risate amare, ma per me vale la pena di essere visto, è davvero godibile sec me..
     
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    sasera butto un occhio, serata pilot insieme a Last resort
     
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    da stasera alle 23:10 la seconda stagione
     
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    Girls è la serie più millennial che possiate vedere in questo momento

    Girls è la serie più millennial che possiate vedere in questo momento. Sì, avete capito bene, Girls di Lena Dunham la cui prima puntata andava in onda nel 2012, tiene ancora banco come serie che rappresenta meglio la generazione millennial e basta rivederne una sola puntata per esserne convinti.

    Ma facciamo un passo indietro, perché dobbiamo capire chi sono i millennial per comprendere come mai questa serie in particolare li rappresenti. Lena Dunham quando scriveva le prime stagioni di Girls ancora non lo sapeva, ma da lì a breve una schiera di esperti in digital marketing avrebbe iniziato a dividere in generazioni gli utenti online per appioppargli più prodotti possibili, rispolverando vecchie classificazioni sociologiche. Così nascono boomer, millennial e generazione z, che abbiamo accolto sempre più nel nostro linguaggio quotidiano per identificarci o prenderci in giro. Millennial, nello specifico, sono classificati i nati tra il 1981 e il 1996, che hanno iniziato o concluso l’adolescenza nel corso degli anni 2000-2010 e che avevano almeno 5 anni durante l’attentato alle torri gemelle (età che si presume la minima necessaria per capire la portata storica dell’evento). Sono anche i primi nativi digitali, avendo avuto accesso alla tecnologia ‘veloce’ nell’età della sviluppo, cosa che Girls si scorda mai di raccontare.

    E così la creatrice e interprete della serie, che poco dopo il 2010 si accingeva a fare il ritratto di 4 ventenni alle prime armi con la vita adulta e lavorativa di New York, ha finito per consegnarci un’istantanea indelebile di questa generazione, che, forse, a distanza di 10 anni, non se la passa tanto meglio
    Girls è stata definita una Sex and the City dove le protagoniste non hanno il lusso del denaro, ed effettivamente è stata una delle prime serie tv così pop e di successo che ha osato raccontare realisticamente la città che non dorme mai. Ecco una prima caratteristica dei millennial: l’onestà e la disillusione. Se qualcuno gli aveva raccontato che il sogno americano li aspettava su un piatto d’argento una volta finita l’università, quando non l’hanno trovato hanno deciso che a questo giro non ci stavano più a portare avanti una bugia e hanno spifferato tutto. Non a caso la primissima stagione si apre con i genitori della protagonista, Hannah, mentre si rifiutano di continuare pagarle affitto e abbonamento del telefono, costringendola a volare via dalla comodità del nido e anche dal suo stage non retribuito.

    Ma se i millennial sono una generazione a cavallo tra il vecchio e il nuovo, nei loro primi vent’anni non perdevano certo le speranze di conquistare lo stesso il mondo, forti dei nuovi giocattoli tecnologici e delle piattaforme social appena nate, che nello scorso decennio erano ancora veramente un luogo non troppo inflazionato. Così tra lo smalto messo guardando un video su youtube, il tentativo di scrivere un e-book e le palpitazioni per la magia di un tweet che diventa virale Hannah Horvath si auto-proclama la ‘voce di una generazione’, e se siamo qui oggi a parlare di lei bisognerebbe riconoscerle che in qualche modo ci è riuscita.

    La rappresentazione del mondo web è sempre sottile nella trama di Girls, allo stesso tempo così onnipresente da ricordare che i millennial sono i stati i primi a scoprire come sostituire la fatica di una giornata di lavoro con il piacere istantaneo di un like
    Tuttavia, come è giusto che sia per le foto d’epoca, Girls non è solo un’istantanea autentica, ma anche anacronistica, racchiudendo in sé qualche clichè, che farebbe impallidire gli adolescenti della gen Z cresciuti sotto i colori dell’arcobaleno, ma senza i quali non sarebbe del tuo onesta. Tanto più che Lena Dunham, per quanto lungimirante, non poteva prevedere la sensibilità del futuro e si è quindi limitata a descrivere le lotte e la mentalità del suo presente. Emblematico è il caso di Shoshanna, la più piccola del gruppo la cui prima storyline ha a che vedere con l’assoluta necessità di perdere la verginità ora che si trova al college, sperimentando un tipo di pressione sociale ormai superato dalle serie del nuovo decennio (a parte da Euphoria, ma chi scrive Euphoria? Un millennial). O ancora, l’occhio della generazione Z non perdonerebbe la leggerezza con cui vengono trattati i comportamenti persecutori di Adam (Adam Driver) verso l’ex fidanzata Hannah.

    Ma nonostante gli alti e bassi, Girls invecchia benissimo e rimane il ritratto televisivo più coerente della generazione millennial, generazione che comunque non si è estinta. I millennial italiani dell’ultima guardia si riconosceranno nei personaggi frammentati della serie, alla prime armi in una carriera incerta, mentre quelli americani sono per lo più impegnati a svelare i drammi della New York contemporanea su TikTok, una città incalzante, poco materna, che dallo schermo dei nostri cellulari non sembra discostarsi granché da quella che 10 anni fa aveva avuto l’intelligenza di raccontare Lena Dunham.

    www.hallofseries.com/girls/girls-serie-millennial-momento/
     
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6 replies since 10/10/2012, 16:51   63 views
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