Cloud Atlas

[da giovedì 17 gennaio al cinema]

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    Titolo originale: “Cloud Atlas”
    Genere: drammatico / fantascienza
    Regia: Andy Wachowski, Lana Wachowski, Tom Tykwer
    Sceneggiatura: Andy Wachowski, Lana Wachowski, Tom Tykwer (basato sul romanzo “Cloud Atlas – L’atlante delle nuvole” di David Mitchell)
    Musiche: Johnny Klimek, Reinhold Heil, Tom Tykwer
    Durata: 172 minuti
    Uscita negli Stati Uniti: 26 ottobre 2012
    Sito web ufficiale (USA): cliccate qui
    Sito web ufficiale (Italia): cliccate qui
    Cast: Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Bae Doona, Ben Whishaw, James D’Arcy, Susan Sarandon, Hugh Grant, Keith David, David Gyasi, Zhou Xun

    La trama in breve…
    Realizzato dagli acclamati registi e sceneggiatori Lana Wachowski, Tom Tykwer e Andy Wachowski, Cloud Atlas èun dramma epico di grande ispirazione tratto dal romanzo best-seller di David Mitchell.
    Azione, dramma, mistero e amore eterno si fondono in un’unica storia che procede attraverso epoche diverse nell’arco di cinquecento anni. I personaggi si incontrano e si riuniscono passando da una vita all’altra. Nascono e rinascono.
    Via via che le conseguenze delle loro azioni e delle loro scelte si ripercuotono le une sulle altre attraverso passato, presente e futuro, una stessa anima si trasforma da omicida in eroe e un singolo gesto di gentilezza si riverbera nei secoli fino a ispirare una rivoluzione.
    Tutto è connesso.


    LA PRODUZIONE

    “La nostra vita non ci appartiene. Dal grembo materno alla tomba, siamo legati agli altri.
    Passati e presenti. E da ogni crimine, e da ogni gentilezza,
    generiamo il nostro futuro”. – Sonmi-451, 2144

    “Cloud Atlas” è una storia ambiziosa e spettacolare che copre l’arco di cinque secoli e affronta quelle domande sulla vita e sul suo senso che l’umanità si è posta fin dall’inizio del pensiero. Con una serie caleidoscopica di sequenze d’azione, emozioni e relazioni umane che illuminano singoli punti lungo una linea temporale infinita, il film suggerisce che ogni vita continua la sua traiettoria individuale attraverso i secoli. Di volta in volta le anime rinascono e rinnovano i loro legami con le altre anime. Gli errori possono essere corretti… o ripetuti. La libertà può essere guadagnata o persa, ma è sempre e comunque oggetto di ricerca.

    E, sempre, l’amore sopravvive.

    “È stata la portata delle idee di ‘Cloud Atlas’ che ci ha subito attratti, la compassione per gli esseri umani, il coraggio, e una qualità al tempo stesso classica e però di assoluta novità”, dice Lana Wachowski, uno dei tre sceneggiatori/registi che hanno adattato il romanzo di David Mitchell dal quale è stato tratto il film. “Dal punto di vista del soggetto il film trascende i confini di razza e di genere, geografici e temporali, per raccontare una storia che ci mostra come la natura dell’umanità vada ben oltre quei confini. È stato questo a incuriosirci quando abbiamo letto il romanzo e poi quando abbiamo cominciato a lavorare alla sceneggiatura”.

    Registi e amici di lunga data, Lana e Andy Wachowski e Tom Tykwer avevano spesso pensato di lavorare insieme, ma è stata la loro passione per il romanzo di Mitchell che li ha finalmente portati a intraprendere questo viaggio. In sintonia con l’originalità della trama, i tre hanno stretto un’alleanza artistica davvero unica, mettendo insieme le loro capacità di sceneggiatori e registi per portare sul grande schermo questo capolavoro moderno.

    “I punti che vengono toccati hanno un’enorme risonanza per tutti noi”, sostiene Tykwer. “In semplici, singole osservazioni troviamo delle verità con le quali chiunque di noi può rapportarsi ma, oltre a questo, ‘Cloud Atlas’ inserisce i singoli momenti in un contesto drammatico più ampio, in un più vasto arco temporale, e così facendo ci mostra la condizione umana sotto una luce affascinante”.

    Ambientato contemporaneamente nel passato, nel presente e nel futuro, “Cloud Atlas” abbraccia una gamma di generi diversi e ci illustra come gli eventi e le decisioni prese dalle persone in un determinato periodo possano avere ripercussioni imprevedibili nel tempo e incidere sulle vite degli altri.

    Un avvocato di San Francisco offre rifugio a uno schiavo in fuga durante un fatale viaggio di ritorno dalle isole del Pacifico nel 1849… un povero compositore di talento nella Scozia degli anni Trenta cerca di comporre la sua opera suprema prima di dover pagare il conto di un atto sconsiderato commesso nel passato… nel 1973 una giornalista fa di tutto per evitare un disastro nucleare… un editore di oggi, alla vigilia del suo più grande successo, viene ingiustamente tenuto prigioniero… nell’anno 2144 una clone operaia avverte il proibito risveglio di una coscienza umana… e nel futuro remoto e devastato del 2300, un pastore di capre combatte contro i rimorsi di coscienza per ciò che ha fatto per rimanere in vita. Ciascuno scenario viene introdotto una prima volta e poi portato avanti parallelamente agli altri; i passaggi fra l’uno e l’altro sono fluidi e rivelano il modo in cui tutte le storie sono fra loro collegate.

    Diventa subito chiaro che non si tratta di storie separate, ma di momenti legati in un unico flusso. “Il punto è abbandonare l’idea che si tratti di sei storie separate. È una storia unica”, dice Andy. “Ciascuno dei periodi temporali si riflette sugli altri nel corso di tutto il film. Via via che ognuna di queste anime si evolve, la vediamo entrare in rapporto con le altre, e seguiamo la sua evoluzione nel tempo”.

    Allo stesso modo, ogni personaggio appartiene a un gruppo specifico di persone che ritorna all’infinito riconfigurandosi secondo nuove identità e circostanze. “Non è solo una persona, ma sono tutti i personaggi principali in ognuno di questi mondi”, afferma l’autore David Mitchell. “Anche i loro rapporti e la natura di essi si evolvono. In un universo dove la reincarnazione è possibile e in un film dove passato, presente e futuro coesistono, la morte è solo una porta che si chiude e un’altra che si apre”.

    Così i conflitti che insorgono in un’epoca possono essere risolti vite dopo, le ingiustizie hanno risultati spesso sorprendenti, e gli amanti possono maturare insieme nell’arco dei secoli. “Parte del film si concentra su una grande storia d’amore che attraversa diverse vite, e noi la vediamo in singoli momenti, non tutta in una volta”, rivela Lana, riferendosi al modo in cui l’amore giovane di una coppia può crescere e influenzare le sue azioni attraverso ripetuti incontri nel tempo. “È un altro dei temi del film: l’amore può far cambiare direzione alla nostra vita in qualsiasi momento”.

    Altre forze sono in gioco. Tom Hanks, che compare in sei ruoli che rappresentano il viaggio di una singola anima osservata in diversi punti del suo cammino, afferma: “Spesso i personaggi assistono a qualcosa che potrebbe cambiare la loro vita per sempre e devono agire. Possono essere eroi o codardi. La domanda è: ‘Che cos’è la storia se non una sequenza di innumerevoli momenti come questo, legati insieme? Cos’è la condizione umana se non una serie di decisioni da prendere?’”.

    Con grandi esempi di coraggio, speranza e stupore – ma anche di inganno, lotta e sconfitta– “Cloud Atlas” si concentra esattamente su questi momenti. “È una narrazione che ti coinvolge del tutto”, continua Hanks. “Ognuno può trarne quello che vuole. Non c’è mai un momento in cui la cinepresa non sia puntata su qualche spettacolare acrobazia o emozione umana. All’inizio, mentre leggevo il copione, mi sono chiesto chi fossero quelle persone, ma in un attimo i loro legami sono diventati evidenti. E diventano tali anche le loro battaglie artistiche, le loro lotte per la sopravvivenza e le scelte che collegano una vita all’altra. Mi sono ritrovato completamente assorbito dalle loro storie. La sceneggiatura è una fusione perfetta fra la storia di David Mitchell e la potenza cinematografica dei nostri tre registi, un grande esempio di letteratura cinematografica che esamina i legami della specie umana attraverso il tempo”.

    “È stata un’esperienza unica”, afferma Halle Berry, anche lei interprete di sei personaggi. “Non credo che avrò più la fortuna di partecipare a un film del genere. Adoro la sua originalità. Infrange tante di quelle barriere, presenta tanti di quei concetti emozionanti, che spero spingerà le persone a riflettere sul loro modo di percepire il mondo e la vita”.

    Gli stessi elementi che risuonavano così profondamente per Tykwer e i Wachowski hanno attratto anche attori stimati e di successo. Al fianco di Hanks e Berry vediamo recitare Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Doona Bae, Ben Whishaw, James D’Arcy, Zhou Xun, Keith David, David Gyasi, Susan Sarandon e Hugh Grant. Mentre la storia procede, l’attenzione si sposta da un gruppo di attori a un altro, mentre altri appaiono in momenti chiave o rendono nota la loro presenza in maniere più sottili.

    “È un progetto enorme”, dice il produttore Grant Hill, che è alla sua quarta collaborazione con i fratelli Wachowski. “C’è una tale profondità, nella psicologia dei personaggi, nella storia d’amore, nelle scene drammatiche, e ci sono anche molte scene di azione. E tutto compare su un’unica gigantesca tela”.

    “Ci sono sequenze spettacolari di inseguimenti, ambientazioni incredibili, storie eroiche, ma anche spunti di riflessione”, aggiunge il produttore Stefan Arndt, socio di produzione di Tykwer.

    Dice Lana: “Ci piace fare film che siano emozionanti, divertenti e romantici, ma che affrontino anche delle idee. Cerchiamo sempre quando lavoriamo di offrire diversi livelli o modi di godere dei nostri film: visivamente cerchiamo di mostrare cose che il pubblico non abbia mai visto prima, emotivamente tentiamo di offrire emozioni o azioni o storie d’amore che possano soddisfare il bambino che è in noi, così come nel pubblico, e infine puntiamo a offrire nuovi punti di vista o idee su argomenti molto personali o riflessioni importanti per la vita quotidiana”.

    “All’inizio è stato questo che mi ha attratto del lavoro di Andy e Lana: la convinzione che si possano coinvolgere al tempo stesso il cuore e la mente”, afferma Tykwer. “Si può avere questa magnifica fusione di tematiche interessantissime e al tempo stesso di immagini e storie che ti travolgono”.

    DAL LIBRO ALLO SCHERMO: CREARE I COLLEGAMENTI

    “Ascolta bene e ti racconto la prima volta
    che la guardo negli occhi”. - Zachry, 2346

    L’occasione di portare al pubblico una storia di questa portata era irresistibile per i fratelli Wachowski e per Tykwer. Ma come farlo? Nel romanzo Mitchell ha presentato la storia come una serie di primi atti le cui trame si svolgono fino a raggiungere un climax, poi si interrompono e infine giungono singolarmente alla risoluzione finale. “Sapevamo che non potevamo far funzionare una struttura del genere in un film”, ricorda Lana. “Ma così siamo stati obbligati a escogitare nuovi modi per espandere i confini di una narrazione cinematografica standard”.

    Mitchell ha dato a ogni capitolo un genere distinto “per rendere le parti diverse quel tanto che il colore stilistico di uno non si confondesse con gli altri”, dice. “L’ho concepito come un menù che presentasse piatti di cucine diverse”. È la stessa struttura che hanno adottato i registi/sceneggiatori: rendere un segmento un dramma, un altro una storia d’amore, e gli altri un thriller, una commedia e un’avventura fantascientifica.

    La forza di “Cloud Atlas” però non sta nelle divergenze fra gli elementi, ma nel modo in cui si tessono senza soluzione di continuità in quello che Andy definisce un mosaico: “Nel passare da una scena all’altra, ci si crea nella testa un mosaico. I collegamenti fra le parti si ricostruiscono automaticamente. Perciò è stato intuitivo andare in quella direzione mentre giravamo il film”.

    Distillando in schede le singole scene e relazioni del libro, i realizzatori hanno poi passato giorni a riorganizzarle in gruppi, fino ad arrivare a un intreccio più chiaro fra le storie. Dice Andy: “Quando sei lì a fissare centinaia di schede, vedi i personaggi uno accanto all’altro e sei naturalmente portato a gravitare verso i punti che disegnano traiettorie simili, o dove ne vedi finire una e cominciare un’altra”.

    “Il nostro obiettivo era quello di sviluppare una meta-narrazione che legasse tutto in un’unica storia che scorre secondo una propria dinamica”, spiega Tykwer.

    Esplorare l’eterno ricorrere di relazioni fra anime che costituisce il tema fondamentale del romanzo significa presentare una serie di scene di déjà vu nelle quali i personaggi si incontrano apparentemente per la prima volta, ma sentono di conoscersi già, o vedere il commesso di un negozio di musica riconoscere le note di una partitura da camera che forse è stato lui stesso a comporre in una vita precedente.

    A questo scopo, nel romanzo, Mitchell aveva escogitato di dare una voglia a forma di cometa ad alcuni personaggi per indicare che sono la reincarnazione di una certa anima. “Nel romanzo”, spiega, “la voglia a forma di cometa suggerisce che si tratta dello stesso personaggio che rinasce in un’altra epoca… un’anima che attraversa l’eternità, cambiando forma”.

    I registi/sceneggiatori hanno portato ancora più avanti quest’idea e sullo schermo la rinascita è rappresentata invece dalla continuità visiva degli attori che ricompaiono da un’epoca all’altra, per fare un altro giro sulla ruota del karma. Tykwer dice: “Mentre discutevamo di come i personaggi si legano fra loro nel corso del tempo, e di come a volte sembra che una persona porti a compimento quello che un’altra ha cominciato centinaia di anni prima, abbiamo pensato: ‘Perché non tenere lo stesso attore per interpretare un’anima nel corso del tempo?’ Perché non stabiliamo il cast sulla base dell’idea che ciascun attore può interpretare ruoli diversi che, insieme, rappresentano l’evoluzione di una singola entità?”

    Aggiunge Hanks, “Ogni personaggio segue una sua traiettoria personale, ma c’è una traiettoria complessiva che i personaggi formano tutti insieme. Uno getta le basi e un altro continua da lì. È come un filo di perle”.

    Quando vediamo i personaggi ritornare in una vita successiva come anime che abitano in nuovi corpi, naturalmente ricompaiono in luoghi geografici diversi, e spesso hanno una diversa nazionalità o sesso. I consulenti linguistici William Conacher, Peggy Hall-Plessas e Julia Wilson Dickson hanno lavorato con gli attori per aiutarli a suonare convincenti come nativi americani, australiani, inglesi, cinesi, tedeschi e coreani, modificando la loro pronuncia per farla corrispondere ai vari ruoli che avevano nel film.

    “Uno dei personaggi che interpreto è un’ebrea tedesca, e un altro è una donna del ventiquattresimo secolo”, racconta Berry. “Per un’attrice è una prospettiva esaltante e un’enorme sfida”. Al tempo stesso, continua, “Le persone sono semplicemente persone. E lo saranno sempre, a prescindere dalle circostanze o dall’epoca. Il punto per me era trovare in ciascun personaggio che interpretavo quella qualità umana che tocca tutti, perché in fondo siamo sempre e solo carne e ossa, cuore e testa”.

    Nel frattempo l’immagine della voglia rimane. Ma più che un segno del passaggio da una vita all’altra, i realizzatori l’hanno utilizzata per identificare chi ha raggiunto un certo livello di illuminazione ed è a un passo dal prendere una decisione cruciale che potrebbe cambiare in maniera significativa la sua vita, o la vita di altri. Dice Tykwer: “È diventato più che altro un sistema di comunicazione tra una persona che compie un’azione o crea qualcosa in un’epoca e la persona che ne sarà ispirata in un’altra, in una vita successiva, e che avrà lo stessa voglia”.

    Questo sistema, una volta stabilito, ha permesso di esplorare ulteriori interessanti possibilità. Nota Lana: “Abbiamo cominciato a chiederci se chi era il cattivo in un’epoca potesse essere l’eroe in un’altra. E una volta fatto questo collegamento, la domanda è stata: come fa il cattivo a compiere una trasformazione del genere? La cometa è diventata un evento fenomenologico. Quando compare significa che quell’individuo ha la possibilità di lasciare un segno importante”.

    Per Mitchell, al primo adattamento cinematografico di una sua opera, “Ero stregato mentre guardavo il procedimento con cui si è arrivati al film. Sono felice e in un certo senso invidioso di come questi registi hanno saputo smontare e rimontare il mio libro in modo da trarne il massimo effetto cinematografico. Mi sento un po’ come se avessi fornito le cellule staminali che loro hanno allevato fino a ottenere una loro creatura! È un’opera magnifica. Mi ha incantato dall’inizio alla fine”.

    Con un atteggiamento altrettanto poco comune nei confronti dell’effettiva lavorazione del film, i produttori hanno deciso di creare due unità che girassero in contemporanea, a partire dal settembre 2011: una diretta da Tom Tykwer e l’altra diretta da Lana e Andy Wachowski. Questo ha dimezzato i tempi di produzione, e ha tenuto occupato il cast principale per tre mesi invece di sei, ma ha fatto sì che anche i ruoli tecnici chiave venissero sdoppiati: due direttori della fotografia, due scenografi, due costumisti e due squadre per il trucco e le acconciature.

    Utilizzando gli Studios Babelsberg di Berlino come campo base, i fratelli Wachowski hanno girato fra Berlino e dintorni, ma anche in Sassonia e a Maiorca per le scene ambientate nel 1849, nel 2144 e nel post-apocalittico Ventiquattresimo secolo. Allo stesso tempo, il team di Tykwer è partito per la Scozia per girare le scene ambientate nel 1936, 1973 e 2012. Gli attori, quasi tutti presenti in ogni periodo storico, hanno fatto avanti e indietro fra le varie location.

    Tykwer ha anche composto le musiche di “Cloud Atlas” insieme a Johnny Klimek e Reinhold Heil, mesi prima di iniziare a girare. Comporre la musica del proprio film è rarissimo per un regista, e iniziare così presto è ancora più raro, ma a Tykwer sembrava utile per definire i toni e il significato di ogni scena nel momento in cui veniva scritta, e per ispirare il cast e la troupe. La colonna sonora ruota attorno a una partitura che viene creata nella parte ambientata nel 1936 (dove si narra la storia di un giovane musicista che realizza il suo capolavoro intitolato The Cloud Atlas Sextet), e secondo Tykwer la difficoltà di comporla “era che doveva essere una musica compatibile con il periodo a cui era collegata, ma doveva servire anche come leitmotiv per tutto il film, un tema che ritorna e sottolinea molte scene, un brano musicale che, ascoltato secoli dopo, può essere riconosciuto da una certa persona come un ricordo lontano”.

    Per i realizzatori portare “Cloud Atlas” sul grande schermo è stato innegabilmente un atto d’amore. Quando ancora stavano solo scrivendo la sceneggiatura, hanno deciso di procedere con le riprese soltanto se l’autore David Mitchell fosse stato entusiasta dell’adattamento, e questo tipo di impegno e serietà è lo stesso che è stato poi tenuto in ogni aspetto della lavorazione dai registi così come dal cast e dalla troupe.

    “È un esperimento cinematografico favoloso, un film epico, adulto, che tratta di idee epiche e adulte, e anche del senso stesso del cinema”, afferma Susan Sarandon, che interpreta, tra le diverse parti, quella di un uomo indiano e di un capo spirituale nel 2300. “È uno di quei rari copioni che mentre lo leggi non puoi prevedere cosa succederà di lì a tre pagine”.

    “È tutto basato su un approccio avventuroso e ambizioso che si rifiuta di seguire linee prevedibili”, aggiunge Hugh Grant, che ha particolarmente apprezzato il fatto di vedersi affidare ruoli – per lui insoliti – sempre più cattivi via via che si avanza nel film.

    “Persino adesso – e lo so che rischio di suonare sdolcinata – quando penso che abbiamo davvero avuto l’opportunità di realizzare questo film, mi vengono le lacrime agli occhi per la gratitudine”, dice Lana, facendo eco ai sentimenti dei suoi colleghi. “Siamo profondamente in debito con tutti gli attori che sono stati con noi nel girare un film così nuovo e una storia tanto straordinaria. Pochi film hanno richiesto tanto impegno dagli attori. Dopo aver letto tutto il copione insieme al cast, che è stata un’esperienza divertentissima, Hugo Weaving ha trovato le parole migliori per riassumere il senso di quest’impresa: ‘È una storia che esige dai personaggi che agiscano con coraggio e fede, e questo vale non solo per gli attori, ma per tutti i presenti nella stanza’. Realizzare questo film ha costantemente richiesto il nostro coraggio e la nostra fede”.

    STORIA, INTERPRETI E PERSONAGGI


    “Ieri la mia vita andava in una direzione.
    Oggi va in un’altra”. - Isaac Sachs, 1973

    “La pressione alla quale si sono sottoposti Lana, Andy e Tom per portare a termine questo progetto è stata pari alla fiducia che hanno riposto in noi attori,” osserva Tom Hanks. “È stato davvero incredibile la libertà che ci hanno lasciato di seguire il nostro istinto. Le riprese sono passate in un attimo, perché ogni giorno ci imbarcavamo in una nuova entusiasmante sequenza, ed io ho fatto parte di una grande squadra, un gruppo davvero affiatato”.

    “Fare interpretare a ciascuno di noi più ruoli è stata un’idea stimolante”, afferma Jim Broadbent. “Ci sono già stati altri film in cui l’attore principale doveva interpretare diversi ruoli, ma mai come in questo caso. È una cosa piuttosto unica, e si adatta perfettamente a questa storia, dove tutto è in relazione e l’energia di una sequenza carica la successiva, fio a raggiungere un meraviglioso slancio, in un susseguirsi ininterrotto di momenti emozionanti”.

    Visto che la lavorazione avveniva in simultanea in due basi operative diverse, per tutto il tempo delle riprese gli attori hanno fatto avanti e indietro da un set all’altro – spesso da un paese all’altro – con pause per il trucco e i costumi che a volte li hanno trasformati in maniera così radicale che capitava che si incrociassero senza nemmeno riconoscersi.

    Paragonando l’esperienza all’atmosfera divertente e festosa del Cirque du Soleil, con gli attori che saltavano coraggiosamente da un trapezio all’altro, Susan Sarandon ricorda: “C’è stato un giorno in cui mi sono guardata allo specchio e, per un attimo, non mi sono riconosciuta. È stata la prima volta in tutta la mia carriera. Un’esperienza sconcertante. Ma il cinema è proprio questo: ti da la possibilità di calarti in un personaggio con il quale pensavi di non avere nulla in comune e di vedere, in questo processo, quanto invece gli assomigli, e quanto poco il tempo e l’età e il colore e il sesso contino veramente”.

    A detta di tutti, girare questo film sarebbe stato il sogno di ogni attore. Dice Ben Whishaw: “Mi ha ricordato il motivo per cui ho voluto recitare, e credo che valga anche per tutti gli altri. Di solito quando giri un film, a prescindere dalla parte che ti danno, rimani più o meno simile a te stesso, mentre l’istinto sarebbe sempre quello di trasformarti e questa è stata una straordinaria opportunità per farlo. È stato davvero liberatorio”.

    Per alcuni forse più liberatorio che per altri. Hugh Grant osserva: “Sono stato molto affascinato dalla storia, che è geniale, ma devo ammettere che avrei partecipato già solo per avere la possibilità di intepretare un capo cannibale che saccheggia e taglia gole. Non c’erano molti sgozzamenti in ‘Ragione e sentimento’”.

    “Cloud Atlas” ha inizio nel 1849… e nel 1936… 1973… 2012… 2144… e nel 2346.

    Introducendo tutti i filoni narrativi insieme e poi spostando ritmicamente l’attenzione dall’uno all’altro, il film fa procedere il pubblico lungo sei percorsi paralleli che vengono percepiti come uno solo. Cause ed effetti si mostrano immediatamente nella loro sincronicità e i legami tra epoche e personaggi ci si rivelano vividamente mano a mano che i pezzi si vanno a sommare per formare un’immagine unica.

    1849, Il Sud Pacifico

    Jim Sturgess interpreta Adam Ewing, giovane avvocato idealista di San Francisco che si è recato nelle Isole del Pacifico per condurre affari con il Rev. Horrox, un bigotto proprietario terriero, interpretato da Hugh Grant. Lì Ewing assiste alla fustigazione selvaggia di uno degli schiavi di Horrox, Autua, interpretato da David Gyasi, che in quel momento fissa lo sguardo su di lui come se stesse abbracciando uno spirito affine. In seguito, quando Autua si imbarca clandestinamente nella cabina dell’avvocato durante il viaggio di ritorno, Ewing è costretto a scegliere tra i suoi obblighi professionali e le sue crescenti convinzioni morali: una decisione che si ripercuoterà nei secoli in modi per lui inimmaginabili.

    “C’è un momento in cui Autua chiede a Ewing di salvarlo o di togliergli la vita, per cui la posta in gioco è altissima”, racconta Gyasi.

    “È la prima volta che Ewing vede l’orrore della tratta degli schiavi”, aggiunge Sturgess, commentando la scena che mette in moto una serie di situazioni ricorrenti in cui le persone, nei secoli, lottano per rompere le catene dell’oppressione, in qualsiasi forma essa si presenti”. Era un’epoca in cui per un uomo come lui sarebbe stato facile conformarsi alla mentalità di persone come Horrox, convinte di essere in cima alla piramide della civiltà, ma lui ha la profonda sensazione che ci sia qualcosa di sbagliatissimo in quello che vede. E poi, all’improvviso, gli si presenta l’occasione di agire.

    Allo stesso tempo, l’altro compagno di viaggio di Ewing, il maligno e opportunista Dr. Goose, interpretato da Tom Hanks, ha tutt’altri progetti.

    A completare il gruppo, Jim Broadbent compare in questo segmento temporale nei panni del pragmatico comandante Molyneux; Susan Sarandon è la repressa ma rabbiosa moglie di Horrox; Keith David è lo schiavo Maori Kupaka, che subisce in silenzio; Halle Berry è un’altra Maori che lavora nella piantagione; Hugo Weaving è Haskell Moore, suocero di Ewing; e infine Doona Bae, in abiti occidentali, è l’amata moglie di Ewing, Tilda.

    1936, Scozia

    Ben Whishaw è Robert Frobisher, un giovane e affascinante compositore, sfacciato e estremamente talentuoso. Dopo essere stato diseredato dal padre e dopo aver trovato solo porte chiuse in Inghilterra, Frobisher si congeda dal suo amante, Rufus Sixsmith, interpretato da James D’Arcy, e parte per cercare di farsi un nome. Diventa apprendista di Vyvyan Ayrs, un compositore rinomato che ha ormai perso la sua vena creativa — interpretato da un Jim Broadbent settantenne — Frobisher progetta di scrivere il suo capolavoro: che intitolerà The Cloud Atlas Sextet. Per tutto il tempo si tiene in contatto con il suo amato Sixsmith attraverso lettere, e immaginando un ritorno trionfale. Ma Frobisher sottovaluta il potere di Ayrs fino a quando la sua situazione non prende una piega sinistra.

    “Essendo giovane e pieno di energia creativa e idee, Frobisher è convinto di poter manipolare Ayrs, ma forse è Ayrs a manipolare lui”, accenna Whishaw. La loro diventa una lotta sulla musica: Frobisher vuole raggiungere la notorietà e Ayrs vuole mantenere la propria reputazione.

    A sostenere i personaggi principali della saga di Frobisher ci sono Halle Berry nel ruolo della ‘moglie trofeo’, l’impassibile Jocast, e Hugo Weaving nei panni di Tadeusz Kesselring, amico di Ayrs, che nasconde un orrendo segreto. Hugh Grant compare nelle vesti dell’impiegato di un lussuoso albergo che si rifiuta di concedere a Frobisher e a Sixsmith una separazione pacifica, mentre Tom Hanks è l’avido gestore di una ben più squallida locanda.

    1973, San Francisco

    Nel 1973 Halle Berry è la protagonista, nei panni della giornalista Luisa Rey che scopre un gravissimo caso di corruzione fra i dirigenti di una centrale nucleare che minaccia di mettere a repentaglio migliaia di vite. Questo la mette contro Lloyd Hooks, il presidente della centrale, interpretato da Hugh Grant. Nella sua inchiesta è sostenuta dallo stesso Rufus Sixsmith dell’episodio di Frobisher, che è ormai un anziano fisico, e da un dipendente della centrale, Isaac Sachs (ancora una volta Tom Hanks), che rimane inspiegabilmente colpito da quanto gli appare familiare Luisa e da quanto sia forte il suo impulso ad aiutarla.

    “Luisa è a un bivio”, dice la Berry. “Come giornalista, sente di non essere all’altezza delle proprie ambizioni, e poi le arriva questo dono dal cielo, una grande occasione per la quale vale la pena di rischiare, qualcosa di potenzialmente importante. Non ha idea di quanto sia tenace né se sarà effettivamente in grado di riuscire nell’impresa, ma una volta presa la decisione dovrà fare cose che non avrebbe mai creduto possibili”.

    Presa di mira dal sicario di Hook, Bill Smoke, interpretato da Hugo Weaving, per Luisa l’unica possibilità di sopravvivenza è fidarsi del personaggio di Keith David, Napier, un uomo che ufficialmente è alle dipendenze di Hook, ma che ne ha ormai abbastanza di prendere ordini da lui.

    David lo vede come un personaggio “simile a Shaft, perciò ho tenuto lui come modello di riferimento. L’aspetto emozionante è stato arrivare a questa parte del viaggio, in cui quest’anima, che è comparsa la prima volta con le sembianze del Maori Kupaka, adesso, nei panni di Napier, ha più margine di azione e ne approfitta per crescere. Forse più avanti potrebbe diventare ancora più grande”.

    In questo segmento temporale ci sono anche l’attrice cinese Xun Zhou nei panni di un impiegato d’albergo; la coreana Doona Bae nelle vesti di una donna ispanica — un ruolo per il quale Bae, che già aveva perfezionato il proprio inglese per le altre parti, ha dovuto padroneggiare il dialogo in spagnolo; David Gyasi è il padre di Luisa, Lester, un celebre corrispondente di guerra che è il suo modello e la ispira; infine Ben Whishaw nella toccante interpretazione del commesso di un negozio di dischi che non riesce a togliersi dalla testa una certa melodia degli Anni Trenta.

    2012, Inghilterra

    Jim Broadbent ritorna nel ruolo del piccolo editore Timothy Cavendish che si ritrova felicemente pieno di denaro quando le vendite dell’ultimo libro che ha pubblicato – l’autobiografia del criminale Dermot Hoggins, interpretato da Tom Hanks che esibisce un aspro accento scozzese – schizzano alle stelle. Purtroppo, la sua fortuna attrae i creditori, alcuni dei quali cercano molto di più del denaro.

    Spiega Broadbent, “Cavendish scappa e si rifugia in un posto dove crede di essere al sicuro, ma è un posto talmente sicuro che non potrà più uscirne. Diventa, quindi, la storia di una fuga, in cui il povero Cavendish deve trovare un modo per salvarsi”.

    Hugh Grant si cala nei panni del fratello vendicativo dell’editore, Denholme, mentre Ben Whishaw è la moglie infedele di Denholme, Georgette. Hugo Weaving interviene nel ruolo della dispotica infermiera Noakes, con la quale Cavendish si scontra in questo episodio che presenta i momenti più comici del film. Susan Sarandon interpreta l’amore perduto di Cavendish, Ursula; Jim Sturgess appare nei panni di un volubile tifoso scozzese; James D’Arcy è l’inserviente di una casa di cura; Halle Berry è una donna che per un momento attrae l’autore Dermot Hoggins.

    “Fra tutti i ruoli, quello dell’infermiera Noakes ha rappresentato per me la sfida più grande e anche la più divertente”, afferma Weaving. “È una gorgone orribile che infantilizza e disprezza gli ospiti dell’istituto, ma è lei che è morta dentro. È rimasta nell’istituto per molti anni e credo che il posto le sia entrato nelle ossa”.

    2144, Neo Seoul

    Doona Bae è di scena nei panni della clone Sonmi-451, geneticamente progettata per passare la sua breve esistenza a fare da cameriera accondiscendente di una “mangeria”, un ristorante nella funesta società totalitaria che è stata costruita sui resti di una Seoul allagata. Incoraggiata dalla sorella (la clone Yoona-939, interpretata da Zhou Xun) a nutrire proibiti pensieri di indipendenza, Sonmi prende una strada dalla quale non potrà più tornare indietro. Con l’aiuto del rivoluzionario Hae-Joo Chang, interpretato da Jim Sturgess, Sonmi compie i suoi primi coraggiosi e rischiosi passi verso l’insurrezione.

    “Yoona e Sonmi non sono soddisfatte della loro vita. Hanno il loro modo di pensare e cominciano a credere che le cose non debbano essere per forza in un certo modo. Vogliono la libertà”, dice l’attrice cinese Zhou, al suo debutto cinematografico in Occidente con ‘Cloud Atlas’.

    Bae, anche lei al suo debutto cinematografico in Occidente, aggiunge: “È Yoona che instilla in Sonmi la curiosità per il mondo umano. È come se la svegliasse, e la spingesse a pensare con la sua testa, ma è Chang, il primo purosangue ad essere gentile con lei, a mostrarle che lei ha una sua dignità”.

    I tiranni di questa società sono Hugh Grant, nei panni del viscido Seer Rhee, il direttore del ristorante, la cui autorità si protrae anche dopo l’orario di chiusura, e Hugo Weaving, nel ruolo di Boardman Mephi, burocratico sostenitore dello status quo. Halle Berry e Susan Sarandon assumono i ruoli maschili di Ovid, un medico che rimuove il collare di restrizione di Sonmi, e Yusouf Suleiman, uno scienziato che si batte per i diritti dei cloni, mentre Keith David è a capo del movimento di resistenza nei panni di Ancor Apis. Tom Hanks interpreta un attore nella versione cinematografica della vita dell’editore Cavendish, che ispirerà Sonmi, Jim Broadbent appare nei panni di un musicista coreano, e James D’Arcy è l’archivista del governo con il compito di registrare la confessione di Sonmi.

    Dopo la Caduta, 2321 e 2346, Hawaii

    Hanks interpreta infine Zachry, un capraio rozzo ma fondamentalmente onesto, membro di una tribù pacifica che è sopravvissuto a un cataclisma planetario che ha riportato la maggior parte dell’umanità a uno stile di vita primitivo. Tra i resti del loro passato culturale c’è un’immagine di Sonmi, che ha assunto lo status di dea, le cui parole sono citate da Susan Sarandon, nei panni della Abbadessa del villaggio.

    Per questo mondo, Mitchell ipotizza per il futuro un immaginario dialetto che è una forma di comunicazione elementare e sintetica. I registi hanno mantenuto questo linguaggio e hanno lavorato con il cast in uno studio di registrazione di Los Angeles prima delle riprese per essere sicuri che si traducesse sullo schermo.

    “Abbiamo optato per una lingua che fosse semplicemente un inglese scarno, con meno parole possibili per comunicare i sentimenti”, afferma Halle Berry, che nell’episodio è Meronym, l’emissaria della moderna comunità umana dei Prescienti. Adottando il pidgin per conquistare la sua fiducia, Meronym cerca l’aiuto di Zachry per individuare qualcosa di cui ha disperatamente bisogno. Ma per aiutarla Zachry non solo dovrà mettere a repentaglio la propria vita e negare tutto quello in cui crede, ma dovrà anche sedare i dubbi interiori che gli parlano attraverso la voce sarcastica del personaggio di Hugo Weaving, che interpreta vecchio Georgie, ossia il diavolo.

    Xun Zhou appare nei panni della sorella di Zachry, Rose, Jim Sturgess è suo cognato, Adam, e Ben Whishaw è un compagno di tribù. Hugh Grant ha qui il suo ruolo di cattivo più spettacolare: il capo Kona, leader di una banda di predoni cannibali, mentre Keith David, David Gyasi e Jim Broadbent sono tra gli illuminati Prescienti.

    Parlando di come il ciclo dei suoi ruoli raggiunge qui il suo punto più basso, Grant osserva: “È chiaro che le anime hanno la possibilità di migliorare, e alcune lo fanno, in modo molto netto, ma altre no. Non migliorano mai. Peggiorano invece. Tutto si riduce al nostro libero arbitrio e alle scelte che facciamo”

    LA PROSPETTIVA

    “Credo di essermi innamorato di Luisa Rey. È possibile?
    L’ho appena conosciuta e già sento che mi è successo qualcosa di importantissimo” - Isaac Sachs, 1973

    Poiché le conseguenze di queste scelte si ripercuotono per l’eternità, le traiettorie dei singoli personaggi si espandono in traiettorie più ampie che vanno a delineare una vita.

    “Comincio nei panni di una donna indigena che ha poco potere, poi divento Jocast, che in realtà è solo l’involucro di una persona, priva di voce”, dice la Berry. “Poi c’è Luisa Rey, che lotta duramente per trovare la propria voce e la propria forza. Appaio per un momento nella storia di Cavendish, nei panni di un’ospite misteriosa a una festa, e a parte il suo atteggiamento sicuro non si sa molto di lei, ma nella vita successiva interpreto un medico, Ovid, che agisce in maniera moralmente giusta, cosicché quando si arriva a Meronym vediamo in lei il culmine di questo percorso e si capisce perché sia così forte”.

    Allo stesso modo, i personaggi interpretati da Keith David percorrono la scala sociale dalla condizione di schiavo a quella di capo. E quando Jim Sturgess appare nel ruolo di Ewing, prende le sue decisioni in maniera istintiva, al pari di un uomo che comincia appena a comprendere il significato della giustizia, ma quelle idee si modellano in maniera più decisa quando quello spirito si evolve nel paladino della libertà Chang, così “Cloud Atlas” esprime l’anelito infinito e universale alla libertà del genere umano.

    “Se dovessi trovare un tema di fondo ai miei, sarebbe quello di essere uno che lavora all’interno di istituzioni che non gli piacciono e vorrebbe cambiarle,” afferma James D’Arcy, che ha fra i suoi ruoli quello del dipendente di un’azienda corrotta, di un’orribile casa di cura e di un governo repressivo. “Ma la mia ultima incarnazione è quella dell’archivista, che pur facedo parte tecnicamente di un sistema tirannico, alla fine prende posizione, quindi c’è speranza per la sua anima”.

    Visto il modo in cui i realizzatori hanno decostruito il romanzo per adattarlo al grande schermo, Andy Wachowski dice: “C’è un momento in cui Autua rischia di essere ucciso mentre è appeso al sartiame di una nave, e poi un punto analogo in cui Sonmi viene quasi uccisa mentre evade dalla prigione. Se sovrapponessimo queste due scene, se ne vedrebbero le somiglianze e i punti chiave”.

    “Ho perso il conto dell’infinità di modi in cui i registi hanno collegato una scena all’altra, scene fra loro distanti migliaia di chilometri o diversi secoli”, aggiunge David Mitchell. “Magari è un legame visivo, o una parola, o un elemento scenografico, o un particolare del viso di un attore. Ma l’effetto finale è quello di un unico, geniale mosaico, che splende nel tempo”. Citando un altro esempio di Chang che spara ai suoi inseguitori mentre scappa con Sonmi sullo skyline di Neo Seul, l’autore racconta: “La scena termina con una parete di vetro che va in frantumi, e la successiva inizia con una crepa che si espande per tutto il parabrezza della Volkswagen di Luisa Rey, mentre sprofonda nelle acque della baia di San Francisco”.

    Rimbalzando nel tempo si modifica anche il concetto di perdita. Quando due innamorati vengono separati violentemente in un’epoca, spiega Tykwer: “possiamo tagliare e passare agli stessi due attori che si incontrano di nuovo, dando un lieto fine a una storia che in apparenza era finita con una tragedia”.

    Nel frattempo, lungo tutta il film c’è sempre l’idea dell’espressione artistica, l’intenzione di lasciare ciò che Tykwer chiama “un’eredità, sotto forma di arte, che servirà a influenzare qualcun altro”. La cronaca del viaggio per mare di Adam Ewing nel 1849 diventa un diario pubblicato che Frobisher legge nel 1936. Le lettere di Frobisher capitano successivamente nelle mani di Luisa Rey nel 1973, e l’inchiesta di Luisa sulla centrale nucleare diventa un manoscritto che sarà sottoposto a Cavendish, l’editore. L’avventura contemporanea di Cavendish diviene il soggetto di un film che Sonmi guarda nel 2144, e la dichiarazione di libertà di Sonmi viene ripetuta e ricordata fino a quando, persino in una società che ha perduto libri e tecnologia, la sua dottrina sarà venerata da Zachry e dalla sua tribù nel Ventiquattresimo secolo.

    Allo stesso modo il potere e la sua assenza si ripresentano come uno dei conflitti più persistenti dell’umanità. Il più spregevole dei personaggi interpretato da Hanks, il Dr. Goose del 1849, giustifica all’inizio il suo furto e il disprezzo per la vita umana dichiarando: “I deboli sono carne, i forti la mangiano”, e molte vite più tardi la sua anima sarà ancora alle prese con questo concetto, così com’è per gli altri, in entrambe le posizioni.

    Ma mentre alcune persone non imparano mai, altre fanno enormi passi avanti, in una felice progressione che è forse più evidente nella serie di personaggi interpretati da Tom Hanks, a partire dallo spregevole Goose fino a Zachry.

    Eppure permangono le vestigia del passato.

    “C’è un punto in cui Zachry si ritrova in una situazione in cui potrebbe essere di nuovo violento”, racconta Tykwer. “Tiene un coltello alla gola del guerriero Kona, e Tom è un attore talmente straordinario che si vedono sovrapporsi sul viso di Zachry i personaggi precedenti. È la forza di quel vecchio assassino, Goose, sepolto da qualche parte nei suoi geni. E però è un uomo diverso adesso: Goose non avrebbe esitato”.

    Nel delineare questo percorso per l’anima di Zachry, Lana dice: “Siamo stati allo stesso tempo attratti da questo concetto, che è diventato una delle meta-narrazioni del film: il fatto che una persona può passare dal peggio al meglio di sé. Tutte queste persone possono rimanere in uno stile di vita da narcisi, sfruttatori e predatori, oppure possono cambiare. Abbiamo voluto cominciare con un personaggio che era un predatore puro, Goose, e tracciare i suoi progressi fino a quando non diventa potenzialmente un eroe”.

    Spesso questo tipo di evoluzione è innescata dall’amore, come viene illustrato dalla natura ad incastro dei ruoli di Tom Hanks e Halle Berry. Lana continua: “Quando Luisa Rey incontra Isaac Sachs alla centrale elettrica, lui è a metà del suo percorso, non è cattivo, ma lavora ancora per un’organizzazione malefica. Ma si innamora di lei e questo cambia letteralmente la sua rotta”.


    IL DOPPIO DEL LAVORO, LA METÀ DEL TEMPO


    “Quando esalerai l’ultimo respiro capirai che la tua vita altro non è stata che una piccola goccia in un oceano sconfinato”– Haskell Moore, 1849


    “Ma cos’è l’oceano se non una moltitudine di gocce?”– Adam Ewing, 1849

    Tykwer e i fratelli Wachowski non avevano previsto di lavorare su due fronti quando hanno iniziato ad adattare Cloud Atlas. All’inizio hanno dovuto mettere in secondo piano l’aspetto logistico della lavorazione per concentrarsi su come rendere l’essenza del romanzo di Mitchell. Ma via via che il copione prendeva forma, che il cast si formava e che mettevano a fuoco la portata dell’opera che volevano realizzare, il piano della doppia regia è emerso come la soluzione più pratica. Potevano girare nella metà del tempo suddividendo gli sforzi tra due unità operative che lavorassero in contemporanea, concentrandosi ognuna su tre delle sei storie del film, e ognuna con un suo team di collaboratori, mentre gli attori avrebbero fatto avanti e indietro fra un’unità e l’altra.

    “Un anno prima dell’inizio della produzione, abbiamo riunito i capi dipartimento per un summit di quattro settimane a Berlino in modo da sederci a un tavolo e ripassare tutti insieme i vari punti del copione”, afferma il produttore Grant Hill. “Stavamo testando le varie relazioni e metodi per cercare di capire come far funzionare il tutto”. Guidato dall’attitudine dei tre registi, si è creato un ambiente estremamente collaborativo. “Con tutte queste persone fantastiche disposte a collaborare, abbiamo capito che il punto sarebbe stato fornire una direzione chiara e un piano ferreo, per poi imbrigliare tutta questa straordinaria energia”.

    I Wachowski hanno diretto il viaggio oceanico di Adam Ewing nel 1849, la ribellione di Sonmi nel 2144 e gli eventi della vita di Zachry nel XXIV secolo. Il loro team comprendeva lo scenografo Hugh Bateup e il direttore della fotografia John Toll.

    Tom Tykwer ha invece realizzato l’avventura del musicista Robert Frobisher nel 1936, della giornalista Luisa Rey accusata di cospirazione aziendale nel 1973, e la singolare, spesso comica, situazione dell’editore londinese Cavendish nel 2012. Insieme a lui, lo scenografo Uli Hanisch e il direttore della fotografia Frank Griebe.

    La produzione è cominciata nel settembre del 2011 con Tykwer in Scozia e i Wachowski a Maiorca. Le location esterne avrebbero poi incluso Glasgow, Edimburgo e la campagna scozzese, la Sassonia e Berlino, prima di culminare negli studi di Babelsberg per le scene in interni e le scene su schermo verde.

    Anche se a chilometri di distanza, i tre si sono tenuti in costante contatto. “I registi hanno studiato minuziosamente ogni singolo dettaglio, ogni taglio e collegamento tra i vari pezzi della storia ben prima di cominciare le riprese ed erano preparatissimi quando poi è arrivato il momento”, afferma il produttore Stefan Arndt. “Durante le riprese, si chiamavano per dirsi: ‘Devi cambiare qualcosa in questo o quel punto; quando giri questa scena, sappi che l’attore sta facendo questo o quello’. Sono tutti e tre dei grandi comunicatori, e hanno davvero saputo condividere ogni decisione”.

    Maiorca ha fatto da sfondo per la prima e ultima parte della saga, prima come Isola del Pacifico dalla quale Adam Ewing e Autua iniziano il loro viaggio verso l’America, poi come valle hawaiana dove Zachry vive circa cinquecento anni dopo. Racconta Lana: “Abbiamo deciso che doveva essere la stessa isola. Quella, così come i due estremi dei ruoli di Tom Hanks – Goose e Zachry –, segnano l’inizio e la fine dell’arco temporale del film e aiutano a sottolineare il tema del ricorrere delle cose”.

    La scena in cui Ewing incontra il dottor Goose sulla spiaggia è stata girata a Sa Calobra Cove a Torrent de Pareis, e la piantagione ottocentesca di tabacco di Horrox è stata ricostruita su un terreno privato nella zona di Es Llombards a Maiorca.

    Per la nave di Ewing, The Prophetess, abbiamo usato una vera nave dell’epoca meravigliosamente conservata che si chiama Earl of Pembroke, costruita in Svezia e ora ormeggiata nel porto di Charleston, in Cornovaglia, di proprietà della Square Sail Company. È stata portata a vela fino a Maiorca dove ha subito qualche ritocco. Il suo capitano, Robin Davies, ha fatto da corrdinatore marinaro per il film, e lui e il suo equipaggio hanno fatto da comparse per le scene sul ponte.

    Nell’entroterra i registi hanno trovato l’ambientazione selvaggia e montuosa perfetta per il viaggio di Zachry e Meronym, approfittando della spettacolare vista dalla vetta del Puig Major, che con i suoi 1445 metri è la montagna più alta delle Baleari. Lì, una stazione satellitare degli anni ’50 mantenuta perfettamente dall’esercito è diventata l’osservatorio che cerca Meronym.

    Da Maiorca, i Wachowski si sono spostati in Sassonia, nel sud-est della Germania, dove le famose formazioni di arenaria e la fitta foresta hanno completato l’immagine della casa di Zachry e i boschi circostanti dove la sua famiglia è minacciata dai Kona. Nel costruire il villaggio, commenta Bateup, “Non volevamo rendere questa società troppo primitiva, come se fossero tornati ai secoli bui. Abbiamo stabilito che erano due o tre generazioni dopo un crollo del sistema mondiale e avevano imparato a sopravvivere e a fare le cose. Costruivano oggetti con i materiali che trovavano, quello che riuscivano a recuperare dalle città. Sono artigiani, non barbari”.

    Per continuità, il piccolo gregge di capre di cui Zachry si prende cura a Maiorca è stato trasportato in Sassonia. Insieme c’erano sei cavalli, addestrati in Spagna e portati da Madrid in Sassonia per gli attacchi terrificanti dei Kona contro il villaggio. Il coordinatore delle controfigure, lo spagnolo Jordi Casares, insieme alla sua squadra, ha montato i cavalli in queste scene d’azione, mentre a Jorge Agero, abile cavallerizzo e operatore, è stata affidata l’impresa decisamente impegnativa di riprendere mentre cavalcava.

    Tykwer, nel frattempo, ha trasformato un quartiere di Glasgow che ha molte strade in pendenza nella San Francisco del 1973. Segnaletica e luci sono stati sostituiti e le auto d’epoca di provenienza locale sono state utilizzate in una scena tesissima di inseguimenti e sparatorie quando Luisa Rey e Napier cercano di scappare dall’assassino Bill Smoke.

    Le stanze del municipio di Edimburgo sono diventate l’albergo in cui Frobisher scappa calandosi dalla grondaia e, in seguito, il famoso monumento a Walter Scott è servito come luogo dove si ritira e dove vede per l’ultima volta l’amore della sua vita. Il monumento, alto sessanta metri, che fino a ora non era mai stato chiuso al pubblico per delle riprese cinematografiche, è stato concesso a “Cloud Atlas” per due giorni, consentendo di portare telecamere e attrezzature fino alla piattaforma panoramica con una gru, invece che usando la strettissima scala a chiocciola.

    Per il castello di Ayrs dove Frobisher cerca un lavoro, Tykwer e lo scenografo Uli Hanisch si sono uniti alla squadra addetta a trovare le location e hanno perlustrato la campagna scozzese fino a trovare Overtoun House, una residenza privata nel West Dunbartonshire. Sarebbe servita non solo per la casa di Ayrs nel 1936, ma anche, con una serie di modifiche, per la spaventosa casa di riposo Aurora Country Estates in cui è incarcerato Cavendish nel 2012. “Passano quasi ottant’anni tra i due episodi, quindi gli alberi e il giardino avrebbero dovuto essere diversi. La strategia è stata quella di aggiungere elementi, come il fogliame, nella prima scena, così che si potesse poi rimuovere per un esterno più semplice, decenni dopo”, osserva Hanisch. Per adattarsi ulteriormente alle scene di Cavendish sono state aggiunte una serra e un imponente cancello d’ingresso.

    “È simbolico”, suggerisce Tykwer, “che fosse prima il castello in cui Ayrs, il compositore anziano, cerca di imprigionare il giovane Frobisher e dopo, nella vita successiva, che sia lui stesso, nei panni di Cavendish, a trovarsi imprigionato nel luogo in cui era stato guardiano”.

    Si è stabilito nelle fasi di ideazione del film che certi spazi rimanessero gli stessi in diverse parti della storia. “Volevamo essere flessibili, però”, afferma Hanisch. “A volte è il luogo reale, a volte è solo un accenno. Il nostro punto di partenza è stato la cabina di Ewing sotto il ponte della nave, e abbiamo ricreato la forma di quella stanza per tutto il film: l’ufficio di Cavendish, l’appartamento di Luisa Rey, la stanza di Frobisher nel castello di Ayrs, il rifugio di Sonmi e la capanna di Zachry”.

    Così, l’interno del salone per la musica di Ayrs, costruito in uno studio di registrazione, è diventato la deprimente sala da pranzo dell’Aurora Country Estates. Il ristorante dove lavora Sonmi, che è stato disegnato da Bateup, esibisce un’atmosfera solo apparentemente allegra, luminosa, piacevole per i consumatori, ma nel tempo svela la sua oscura realtà. “Ci siamo dovuti inventare una società dei consumi del 2144 e immaginare che aspetto potrebbe avere un fast-food. Lana e Andy hanno idee molto precise su come vedono questi periodi così abbiamo lavorato su alcune idee e alla fine siamo arrivati al mondo di Sonmi”. Dopo aver chiuso le riprese per quelle scene, lo spazio è stato riproposto in nero, bianco e rosso come il salone dove Cavendish tiene la festa per il lancio del libro. Lì, un acquario enorme ricorda il laghetto virtuale del pavimento del ristorante.

    Gli scenografi hanno inoltre stabilito che elementi come treni e ponti ricomparissero nelle storie di Frobisher, Cavendish, Luisa Rey e Zachry. Si ripetono anche degli oggetti a forma di uovo, dai giocattoli nella fabbrica dove passa Luisa Rey a San Francisco alle sedie del ristorante al registratore dell’archivista di Sonmi.

    “Volevamo che le rappresentazioni di ogni epoca fossero chiare quindi non c’è dubbio che si tratti del 1930 o del 1840”, spiega Hanisch. “Allo stesso tempo però, indicazioni visive e spazi riciclati rafforzano l’idea che ci siano dei collegamenti e il senso di continuità della storia unica”.

    A occuparsi dell’aspetto vario e senza soluzione di continuità fra le scene del film sono stati anche i direttori della fotografia John Toll e Frank Griebe. “I principali elementi visivi erano già stati stabiliti quando abbiamo cominciato a lavorare al film”, fa notare Toll. “Uno degli scopi principali del lavoro era armonizzare l’aspetto delle singole sequenze che coprono un arco di cinquecento anni, per dare alla storia un senso di sovrapposizione e drammaticità, ma non era necessariamente quello di creare uno sguardo univoco e dettagliato per tutto il film. In pratica, si voleva un approccio visivo che fosse adatto per ogni capitolo, pur mantenendo un senso di continuità per tutto il film”.

    Dopo essersi riuniti per discutere di cineprese, obiettivi ed emulsioni per la pellicola, Griebe e Toll sono partiti ciascuno per le rispettive location, ma hanno seguito il reciproco lavoro con aggiornamenti quotidiani.

    Dan Glass, che lavora con i fratelli Wachowski sin dai tempi di “Matrix”, si è occupato degli effetti speciali per entrambe le unità. Il suo lavoro è più evidente nelle due ambientazioni futuristiche, in particolare nelle sequenze d’azione di Sonmi e nell’atmosfera artificiale del ristorante dove lavora, ma non il suo tocco è riconoscibile in ogni epoca. Ha contribuito a trasformare Glasgow in San Francisco e ha costruito la centrale nucleare di Swannekke. “Tom è abituato a girare con scenografie concrete quindi abbiamo lavorato di più con gli elementi fisici, aumentandoli. È stato un ottimo metodo”, afferma.

    La scena in cui Luisa Rey attraversa il Golden Gate Bridge è stata girata in parte in un serbatoio d’acqua a Colonia e in parte sulla pista dell’ex Aeroporto di Tempelhof in Germania, dove le macchine si scontrano e il suo Maggiolino finisce oltre il guard-rail. Il resto, compreso il ponte e la vista della baia di San Francisco, sono stati creati al computer.

    Per la Neo Seoul del 2144, i realizzatori hanno immaginato un futuro in cui l’innalzamento del livello del mare ha sommerso le parti vecchie della città. “Hanno costruito muri enormi per cercare di mantenere l’oceano, e in alcune di queste aree abbiamo ricreato le vette dei grattacieli che spuntano dall’acqua per dare l’idea che ci sono edifici molto più in profondità”, spiega Glass. “Per le parti più recenti della città, dove vive la gente ricca, abbiamo immaginato che siano spuntate sopra queste rovine. Mano a mano che si scende, si trova un mondo più cupo e sporco, dove nasce la ribellione di Chang”.

    La fuga di Sonmi, e gli scontri mozzafiato tra il suo Chang e gli uomini del governo che avvengono sopra lo skyline di Neo Seoul e fra le sue profondità, sono state girate con lo schermo verde e i ritocchi digitali a Babelsberg, dove alle fine si sono incontrate le due unità.

    COSTUMI, TRUCCO E ACCONCIATURE


    “Ho visto qualcosa in quegli occhi azzurro ghiaccio, qualcosa di più profondo di tutti gli anni e della malattia. Qualcosa di familiare” - Robert Frobisher, 1936

    Oltre a vestire i singoli personaggi secondo il loro tempo e luogo, i costumisti Kym Barrett e Pierre-Yves Gayraud hanno cercato di introdurre temi ricorrenti giocando con colori, disegni e modelli che si potessero fondere e che potessero collegare un’epoca all’altra. Barrett, un altro che aveva lavorato a “Matrix”, dice: “Abbiamo scelto alcuni toni di verde, per esempio, che appaiono indosso a diversi personaggi. Un disegno triangolare trovato nel 1970 su una camicia di quel periodo è stato successivamente modificato per diventare la carta da parati del rifugio di Sonmi. Abbiamo cercato di includere disegni come questo in tutte le parti della storia per contribuire a sviluppare un flusso inconscio di immagini”.

    Gayraud, alla sua terza collaborazione con Tykwer, ha acquistato l’abbigliamento nei negozi di Berlino per le scene di Cavendish, ma la maggior parte del guardaroba per le epoche più antiche è stato creato sotto sua indicazione, spesso con autentici tessuti vintage scovati nei mercatini delle pulci di Parigi. Per l’abbigliamento di Ayrs, ha usato un tessuto del 1970 con disegni geometrici che ricorda il futurismo, che ha poi tagliato e tinto. Il gilet di Rufus Sixsmith era fatto di un tessuto del 1830, e rende omaggio al periodo di Adam Ewing.

    “Abbiamo immaginato, per esempio, che Luisa Rey comprasse un abito del 1930 in un mercatino dell’antiquariato”, dice. “La collana che indossa Halle Berry nei panni di Luisa viene da quella che indossava nei panni di Jocasta nel 1936 e riappare di nuovo quando è ospite alla festa di Cavendish”.

    Allo stesso modo, Lorenzo Mancianti ha creato i bottoni del panciotto di Ewing che attraggono lo sguardo rapace del Dr. Goose, per poi riemergere come perle intorno al collo di Zachry. I bottoni sembrano fatti di una pietra meravigliosa, ma somigliano anche alla terra vista dallo spazio, e danno un senso di atemporalità.

    Barrett ha adottato un approccio minimalista per il guardaroba di Sonmi: “Il suo è un percorso politico ed emotivo e Sonmi diventa un’icona mitica nel futuro di Zachry. Per renderla reale e poi trasformarla in una persona che significa tanto per gli altri, abbiamo deciso di presentarla quasi nuda. Lasciamo che sia il viso il punto fondamentale”.

    Per il paesaggio aspro del mondo di Zachry, Barrett ha ragionato in termini pratici. “Vivendo in una foresta, i personaggi si devono mimetizzare con il verde per sopravvivere. Ho pensato a un popolo che lavora a maglia e tutto è filato a mano o macramè. Vivendo sotto la minaccia quotidiana dei Kona, devono essere pronti a spostarsi, e un arcolaio è facile da trasportare”.

    A lavorare con Barrett e i fratelli Wachowski per le scene di Ewing, Sonmi e Zachry c’era il responsabile di trucco e acconciature Jeremy Woodhead. Con Gayraud e Tykwer per le scene di Frobisher, Luisa Rey e Cavendish, invece, c’era la sua controparte, Daniel Parker. Ognuno di loro ha aiutato la propria squadra a modificare l’età degli attori e, talvolta, il sesso e l’etnia. Dovevano cambiarne l’aspetto senza renderli irriconoscibili. Persino dove il trucco è stato più incisivo, Woodhead ricorda: “Il punto era trovare questo equilibrio: mascherare senza cancellare le caratteristiche naturali di ciascun attore”.

    Alcuni dei cambiamenti hanno richiesto delle protesi, ma per quanto possibile si è cercato di attenersi a un trucco tradizionale, parrucche e toupet.

    Lavorando alla prima e all’ultima parte dell’arco del film, Woodhead ha portato Tom Hanks da un estremo all’altro. “Volevamo che Tom venisse fuori nel suo naturale splendore per il suo ruolo finale di Zachry. Con Dr. Goose invece, nel 1849, ho avuto più margine di manovra per creare un ‘personaggio’. L’ho fatto diventare calvo, con qualche capello rosso rado, le basette, il naso finto e i dentoni. È ancora riconoscibile, ma è un altro pianeta rispetto al forte e taciturno Zachry”.

    È stato Parker a trasformare Hanks nel duro Dermot Hoggins, autore di Knuckle Sandwich, e racconta: “Gli abbiamo messo un naso rotto malamente, poi l’abbiamo rasato, aggiungendogli cicatrici e tatuaggi”. Poi, nei panni dell’avaro direttore d’albergo nel 1936, l’attore ha acquisito un paio di baffi, un collo ispessito e un naso imbevuto d’alcol.

    Tra le opere di bravura di Woodhead c’è stata la trasformazione di Hugh Grant in un temibile cannibale coperto di fango bianco, un’operazione che, racconta, “ha richiesto due ore di lavoro: dovevo rendergli la testa rasata, mettergli una cresta di capelli, tatuaggi, dipingergli corpo e denti. Hugh non aveva mai fatto niente del genere prima”.

    Inoltre Woodhead ha preparato Jim Sturgess per interpretare Chang nella parte di Sonmi e ha trasformato Halle Berry da donna maori in un vecchio asiatico, fino alla luminosa Meronym. Ha anche aiutato Susan Sarandon a diventare un uomo, Suleiman, ha dato a Doona Bae le caratteristiche di uno sguardo occidentale perché interpretasse Tilda, e ha lavorato con James D’Arcy e Hugh Grant perché assumessero i loro ruoli asiatici.

    È toccato a Parker trasformare Hugo Weaving nell’infermiera Noakes. “Truccare un uomo da donna, e viceversa, è sempre difficile”, afferma. “La struttura ossea maschile è diversa da quella femminile, quindi richiede del tempo. L’intera forma del cranio è diversa. Si deve modificare la fronte e la qualità della pelle. Ci sono tante sfumature alle quali non si pensa, ma se non le si affronta una per una alla fine si vedrà subito che si tratta di un uomo travestito, che non è quello che volevamo”.

    Parker ha anche trasformato Jim Sturgess in uno scozzese barbuto, Ben Whishaw in Georgette Cavendish, Doona Bae in una donna latino-americana che lavora in una fabbrica, e Xun Zhou in un uomo addetto alla reception. Ha aiutato Halle Berry a trasformarsi in un’ospite indiana, nella giornalista metà portoricana Luisa Rey, e nell’europea Jocasta, moglie del compositore Ayrs.

    “Questo film rappresenta il massimo per chi si occupa di acconciature e trucco, è un lavoro da sogno per chi fa il nostro lavoro”, dice Woodhead. “Meglio non potrebbe essere”.

    THE CLOUD ATLAS SEXTET

    “È lei. È la musica del mio sogno” – Vyvyan Ayrs, 1936

    Tom Tykwer fa parte di un gruppo ristretto di registi che compongono la musica per i propri film. E, al contrario di come si scrivono generalmente le colonne sonore, cioè dopo che il film è stato girato e montato, a lui piace cominciare a scrivere la musica con largo anticipo rispetto alle riprese. In collaborazione con Johnny Klimek e Reinhold Heil, con i quali ha composto la colonna sonora di quasi tutti i suoi film, Tykwer ha finito di comporre e registrare le musiche per “Cloud Atlas” due mesi prima di iniziare a girare.

    “Lo preferisce invece di usare la musica contemporanea di altri compositori”, spiega Heil. “E questo gli permette di utilizzare lo spartito liberamente, senza preoccuparsi di far corrispondere tutto. Via via che il film prende forma in post-produzione, vediamo cosa manca o cosa dev’essere cambiato e lo riregistriamo”.

    “In questo modo”, Tykwer aggiunge, “la musica diventa elemento di atmosfera o un tema di fondo, non solo per il film, ma anche come fonte di ispirazione per gli attori, ed è parte integrante dell’esperienza”.

    “La prima cosa che ha fatto mentre leggevamo il copione con gli attori è stata far sentire la musica a noi attori, per farci capire in che avventura ci stavamo imbarcando”, spiega Hanks. “È stato tutto parte di una visione già pienamente delineata che ci è stata presentata sin dall’inizio”.

    I compositori sono stati felici di aprirsi ai suggerimenti degli altri. Ricorda Klimek: “È stato fantastico sentire le opinioni e i consigli di Lana e Andy, che non sono musicisti ma hanno una sensibilità per la musica e sanno come usarla. Ci hanno indirizzati nel miglior modo possibile”.

    La musica è prima al centro della storia di Frobisher, il giovane compositore che cerca di completare l’opera della sua vita, The Cloud Atlas Sextet, ma dopo, dice Klimek, “È una melodia che rimane sempre presente, da semplice battuta a motivo ripetuto in un pezzo rock degli anni ’70, a un sestetto jazz che suona in sottofondo alla festa di Cavendish. Avevamo bisogno di un motivo che fosse bello e abbastanza malleabile da accompagnarci attraverso cinque secoli di storia”.

    “Diverse vite dopo, qualcuno che ascolta potrebbe sentirlo come familiare”, aggiunge Tykwer, descrivendo come lo spartito sia, a sua volta, una parte del tema più grande della reincarnazione. “Il sestetto appartiene al periodo in cui è stato concepito, gli anni Trenta, e allo stile d’avanguardia di Frobisher, ma ritorna in continuazione e si adatta a tantissime scene, diventando il tema centrale di tutto il film”.

    The Cloud Atlas Sextet fa eco alla struttura della storia stessa, con tutti i suoi pezzi distinti, stati d’animo e temi che si fondono ritmicamente in un tutto. Appropriandosi di questa metafora, Tykwer dice: “Ci sono molte voci soggettive nella storia, e cercavamo una voce che fosse in grado di comprenderle tutte, in modo da formare un unico grande coro”.

    Citando un sentimento espresso dal personaggio Adam Ewing, la cui avventura apre la storia, nel 1849, Andy Wachowski dice: “una delle ultime battute del film è di Adam Ewing che domanda: ‘Che cos’è un oceano, se non una moltitudine di gocce?’ E quando penso a tutte le persone che sono state coinvolte in questo film, a tutti i favori chiesti, a tutte le persone che hanno collaborato, penso che è proprio la storia della realizzazione di questo film”.

    “È un’idea che mi è sempre piaciuta, che la vera natura dell’immortalità sia l’insieme di tutte le nostre parole e azioni che vanno a sommarsi nel tempo”, spiega Lana Wachowski. “È un concetto così affascinante ed è stato in parte la scintilla che ci ha fatto pensare di realizzare questo film. È quello che speravamo di trasmettere”.

    http://antoniogenna.com/2013/01/09/cinema-...47-cloud-atlas/
     
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